Chiusure evitabili?
Segnalo un articolo (in inglese, purtroppo, per eventuali difficoltà chiedete in privato) col quale il responsabile di un grosso studio di produzione di eventi di gioco di ruolo dal vivo (e quando dico “grossi” intendo grossi) comunica la chiusura delle attività per l’impossibilità di reggere ulteriormente il dissesto finanziario.
A parte che è scritto in maniera molto emozionale e coinvolgente, a parte che si tratta di una delle realtà culturalmente più significative del settore, mi sembra una storia utile da leggere per chi fa impresa nel settore culturale o in quello dell’innovazione sociale: non conoscendo tutta la situazione sarebbe ingeneroso dire che si tratta di una cattiva pratica esemplare, ma certo dovrebbe essere letta con l’occhio di chi si chiede: dove hanno sbagliato? può capitare a me? come evitare che capiti a me? Le stesse domande, se ricordate, per le quali avevo condiviso la storia del fallimentare caffè-libreria del Colorado.
A queste domande ricorrenti ne aggiungo un’altra diversa ma collegata, e che ha a che fare genericamente con Banca Etica. Apparentemente questi sono settori molto di nicchia, molto particolari, ma in realtà mi paiono molto simili a tanti altri settori (quanto sarà diverso uno studio di produzione di giochi di ruolo dal vivo rispetto a una compagnia teatrale? O rispetto a una piccola società di produzione televisiva? Una cooperativa sociale che fa servizi educativi sul territorio, è davvero così diversa?). La domanda è: da un punto di vista imprenditoriale, di gestione finanziaria, di management, ci sono competenze in altri settori ai quali potrebbe attingere un piccolo studio indie che fa videogame o una società di produzione di giochi di ruolo dal vivo? A me sembra un’ipotesi interessante da sviluppare, che è il motivo per il quale condivido questa storia.