E quindi a quanto pare Dante era nato in Sardegna
Devo dire che sono rimasto molto stupito che sia passata del tutto inosservata in Sardegna l’ipotesi, ricostruita in maniera molto documentata e che ho visto per caso frugando nella dottissima introduzione alla nuova edizione della Indiana Critical Edition of Dante’s Inferno appena uscita, che Dante possa essere nato in Sardegna, durante un periodo in cui il padre si sarebbe allontanato da Firenze, secondo alcuni per sfuggire alle possibili vendette dei ghibellini fiorentini dopo Montaperti, secondo altri perché colpito da interdetto temporaneo del Vescovo di Firenze Matteo degli Spavaldi de’ Rignanesi (poi non dite che i nomi toscani non erano fantastici!) a causa della sua attività di usuraio – bisogna dire, non è che Dante avesse di che andare molto orgoglioso della famiglia, e forse si capisce perché si glori dell’antenato Cacciaguida ma ignori accuratamente i progenitori più prossimi.
Prima che i soliti nazionalisti si buttino a pesce sulla notizia giova dire che si tratta, appunto di una ipotesi: non è che è stato ritrovato, nell’antico ufficio anagrafe del Giudicato di Torres, di un certificato di nascita di Dante. E, per riassumere la teoria dell’introduzione del volume dell’Università dell’Indiana, che non posso tradurre perché davvero troppo lunga, non ci si basa neanche sui ben noti contatti di Dante con la Sardegna che vengono descritti di solito a partire dalla menzione nella Commedia di personaggi legati alla nostra storia (frate Gomita, Michele Zanche, il Giudice Nino Visconti, lo stesso Conte Ugolino), ma si sceglie invece una strada alternativa legata, sostanzialmente, a ritrovamenti archeologici e archivistici, a partire dalle ultime evidenze emerse dagli scavi di Luogosanto, fra i quali una bella casa medievale di cui era noto il fatto che il portale fosse ornato di uno stemma gentilizio di azzurro e rosso fasciato d’argento (esattamente quello degli Alighieri), in località ancora oggi nota come Coile de su poeta. La prova dello stemma è naturalmente limitata e gli archeologi non ne hanno tratto grandi conclusioni, ma adesso i curatori dell’Indiana la mettono in collegamento con un A. Bellinzonii che firma come testimone un atto notarile fra l’Abbazia di Santa Maria Palmae e il Vescovo Giogante Minore di Torres, e che sinora era identificato con un tizio qualunque proveniente dalla svizzera Bellinzona; sarebbe invece Alighiero di Bellincione (Bellincione era il nonno di Dante e suo padre si chiamava Alighiero), perché è provato che questo Bellinzonii era il proprietario di un terreno, attiguo alla casa con lo stemma, dove è stato ritrovato un pozzo medievale identificato nel documento come pozzo degli Elisei: Elisei era il cognome di un progenitore di Cacciaguida e rimase negli Alighieri come nome di famiglia alternativo; l’accoppiata di stemma e nome del pozzo sembra lasciare pochi dubbi. La data di vendita successiva delle casa e del pozzo è sicuramente posteriore al 1266 (Dante è nato nel 1265) e quindi è è logico pensare che in quella casa, o in un altro possedimento vicino, Alighiero vivesse con tutta la famiglia fino a quella data e quindi che lì sia nato Dante (ho visto fra l’altro, ma l’introduzione non ne parla, che il già citato Nino Visconti era nato anche lui nel 1265 e che oltre che a Civita aveva possessi proprio a Luogosanto, dov’è rimasto il Castello di Baldu legato al suo nome – Nino era un amico carissimo di Dante, probabilmente fin dall’infanzia, ed è ovvio pensare che i due si fossero conosciuti da infanti, proprio per il forte legame che doveva stabilirsi fra famiglie di origine toscana che vivevano vicine).
Devo dire che anche a me, che non sono facile all’emozione, la notarella (appena tredici righe e due note nell’introduzione) ha fatto abbastanza impressione. Comunque essere la regione che ha dato i natali al più importante poeta medievale (non dico poeta italiano, perché a questo punto Dante sarebbe propriamente nostro, sardo) non è proprio cosa da poco, e sono ritornato alle mie letture con più lena. Poi naturalmente ci saranno sardi che, un po’ blasé, diranno che dopo le notizie di Oetzi o della vite coltivata in Sardegna già ai primordi dell’umanità non c’è più niente che ci possa stupire, ma io ripeto, mi sono molto emozionato lo stesso.
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