Licenzioso, ammirato omaggio
Ben son, ben son Beatrice!
E adesso ti faccio un mazzo così.
Insomma, nella mia lettura del Purgatorio finalmente è comparsa Beatrice: dato che nulla mi ricordavo mi sono molto divertito a vederla strascinare Dante nella polvere, traendone l’idea di un tipino che è meglio non fare arrabbiare. Assolutamente, meglio non farla arrabbiare.
Però per quegli accostamenti curiosi che fa la memoria mi sono ricordato che Dante e Beatrice erano ricordati anche da Brecht, e sono andato a ricercarmi la poesia (che ho scoperto essere il Dodicesimo sonetto, intitolato appuntoSulla poesia di Dante per Beatrice).
Nella ricerca ho anche scoperto che in realtà Brecht cita spesso Dante: non è solo la menzione esplicita nella Visita ai poeti in esilio (che fa anche da divertito contrappunto al castello degli spiriti savi del quarto canto dell’Inferno), ma un contrappunto continuo di citazioni e riflessioni, per il quale vi rimando a un bel saggio breve che ho scoperto nell’occasione, di Francesca Tucci.
Comunque, ho appunto ritrovato il sonetto e ve lo ripropongo: è sboccato e ammirato insieme. Se non ho capito male, la traduzione è della stessa Tucci:
Ancora sulla cripta impolverata
in cui giace, colei che non poté scoparsi
pur con tutta la posta che le fece,
il suo nome fa vibrare l’aria.
Poiché ci comandò di ricordarla
scrivendo in suo onore versi tali
che a noi in effetti altro non rimase
che prestare ascolto alla sua dolce lode.
Ahimè, a qual malvezzo die’ la stura
quando lodò di lode sì potente
quel che visto aveva senza provarlo!
Da quando costui levò il canto al primo sguardo
quel che di bell’aspetto se ne va da un marciapiede all’altro
e mai s’inumidisce, si crede vada concupito.