Grammamante
Ho letto casualmente un post molto buono su Facebook della linguista Vera Gheno, dedicato all’esegesi dell’articolo di Repubblica sull’interrogatorio di Massimo Sebastiani, l’assassino di Elisa Pomarelli.
Lo segnalo perché, appunto, mi è parso buono, e mi sembrano interessanti anche i commenti, anche nella loro incapacità nel rimanere nella misura e nell’equilibrio segnati dall’autrice.
Sono magari meno d’accordo sull’assunto di base: che non è tanto il problema che l’articolo sia pessimo, quanto che non ci sia nel sistema niente che impedisca la pubblicazione di un articolo così. Lo trovo, cioè, una impostazione eccessivamente ottimistica, come se ci fosse nell’essenza del giornalismo qualcosa di nobile e puro rispetto al quale l’articolo rappresenta un peccato e una caduta. Sarà perché sto leggendo in questo periodo A world on fire sul periodo della Guerra Civile, durante il quale la stampa e i corrispondenti di guerra non hanno dato il meglio di sé, ma credo che ci possiamo dire con serenità che a fianco alla capacità dei giornali di informare, orientare l’opinione pubblica nel mare di opinioni contrastanti e fare da cani da guardia dell’interesse pubblico c’è anche, e c’è sempre stata, l’acquiescenza ai poteri forti, il solleticare l’attenzione morbosa dei lettori, il mistificare la realtà per interessi di parte e così via.
Ad ogni modo mi sembra opportuno segnalare che, per coincidenza, proprio oggi esce l’ultimo libro di Vera Gheno, Potere alle parole (Einaudi, € 11,05), che ho comprato. Su Letture.org trovate la presentazione del libro e una intervista all’autrice.