Nella culla dello sport
Atlas Obscura ha un divertente articolo su George Wilson, un inglese che nel 1815 fu arrestato per avere… camminato. Wilson era un, diciamo così, esponente di una nuova passione dell’Inghilterra georgiana, quella per imprese basate sulla forza e sull’abilità fisica che potessero anche permettere di scommettere pro o contro, come il pugilato, le corse dei cavalli e, appunto, la marcia. Nel caso specifico Wilson aveva scommesso che avrebbe compiuto ripetutamente uno stesso percorso fino a percorrere mille miglia in venti giorni. Il problema fu il suo successo: a vedere l’impresa vennero migliaia di persone, per dissetare i presenti il campo si riempì di baracchini per vendere birra e distillati, sorsero dal nulla bordelli, piccoli teatri, accorsero giocolieri e funamboli e le autorità, non sapendo come gestire la cosa, decisero di mettere in galera Wilson per calmare e acque.
L’articolo su Atlas Obscura, in realtà, va molto oltre, raccontando in qualche misura un’epoca attraverso lo strano sorgere di questa strana passione, la cui ascesa e declino segnano, in qualche misura, l’inizio dello sport professionistico, o forse ne rappresentano un ramo collaterale estinto, come il Neanderthal. In epoca vittoriana l”associazione dello sport con le espressioni culturali della classi popolari – pub, bordelli, assembramenti pubblici sospetti e disordinati – porterà a segregare lo sport in club universitari per membri selezionati,e sarà da lì che sorgeranno le moderne competizioni e società sportive (in qualche modo, in realtà, la storia dello sport è esattamente la lotta per la riappropriazione di questo spazio da parte delle classi popolari).
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