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Google Maps

Questo ultimo lungo fine settimana me ne sono andato in giro per la Sardegna con Maria Bonaria.

O meglio: avevo intenzione di farlo, poi pioveva e abbiamo deciso di limitare un po’ i nostri giri. In ogni caso, giovedì ci ha trovato a Urzulei per pranzo e poi sulla strada per Genna Silana nel pomeriggio, sotto la pioggia.

Siccome non sapevo bene la strada, ho messo il navigatore, gli ho dato l’indirizzo dell’albergo (poca roba, una mezzoretta al massimo) e poi sono partito tutto allegro.

A un certo punto, quasi al passo, il navigatore mi ha detto: «Svolta a destra».

E io ho svoltato a destra. La strada diventava presto non asfaltata. C’era un’indicazione, Parcheggio camper (deserto), ma la strada, bianca ma ben percorribile, proseguiva oltre.

E io ho proseguito. La freccetta rossa del navigatore mi indicava l’albergo, alla fine della strada.

La strada, dunque, proseguiva. Sterrata, costeggiava recinti di aziende agricole e alberi messi da poco a dimora.

Non era proprio ancora facilmente percorribile, perché attraversata da larghe fessure causate dalla pioggia, ma io ho proseguito: le freccetta, rassicurante, restava ferma.

La strada si è fatta un po’ più sconnessa, un po’ più stretta. Ho pensato: forse Google ti fa entrare dal retro dell’albergo, che so, una specie di area di sosta per i clienti.

Ho anche detto a Bonaria: «Sai che ho letto da poco che la Provincia dell’Ogliastra vieta di usare Google Maps perché troppa gente finiva per perdersi chissà dove?», così, per fare conversazione.

Ohi, le matte risate.

Però ho notato con stupore che Bonaria stringeva con forza la maniglia della portiera. Molta forza.

Intanto la strada, che palesemente proseguiva in mezzo al nulla ma sempre verso la freccetta rossa al termine del percorso blu, si era fatta davvero poco praticabile, tanto che ho pensato: «Però, questi dell’albergo una via d’accesso migliore la potevano creare, dai».

E h anche pensato: «Va bene che è un posto per escursionisti, ma non è che si può pretendere che tutti abbiano il SUV, insomma».

Così mi piaccio: democratico e ugualitario. E ambientalista.

A quel punto ho dovuto guadare un torrente.

Ho pensato, virile: «Basta. Se la strada peggiora ancora torno indietro, li chiamo e gli dico che così proprio non va e mi venissero a prendere, insomma».

Virile. Lei non sa chi sono io.

La strada è migliorata, però abbiamo incontrato un gregge di capre.

A quel punto, sempre andando e andando, eravamo palesemente e ufficialmente in mezzo al nulla, ma con l’Orientale in alto, sopra di noi, con una costruzione a breve distanza che doveva essere l’albergo, ma separato da noi da tipo la Cordigliera delle Ande.

E ha cominciato a piovere più forte.

Ed è stato a questo punto che siamo arrivati a un ovile di capre (in mezzo al nulla l’ho già detto?) dove la strada, in uno spiazzo, finiva.

E Maps, imperturbabile, ci ha detto: «Fai inversione a U».

In proposito le teorie divergono. La più accreditata – di Maria Bonaria – è che io abbia sbagliato la svolta e quello, doveroso, abbia aspettato di trovare uno slargo dove potessimo fare felicemente e sicuramente inversione senza infrangere nessuna norma stradale. Svariati chilometri più avanti.

Una teoria difensiva concorrente – mia – sostiene invece che semplicemente Maps non funziona, e io non potevo sapere, Vostro Onore.

Prova a discapito numero 1, Vostro Onore: il fatto che l’ovile di capre sia a destra del percorso e fuori della linea blu non conta, Vostro Onore

Comunque, pioveva a dirotto. Ho fatto inversione a U e sono tornato indietro.

Le capre erano sparite, ma abbiamo incrociato un paio di mucche.

Poi un bestione cornuto in mezzo alla strada, che abbiamo prudentemente lasciato passare.

L’albergo stava sempre piuttosto vicino, ma separato da noi tipo dalla Cordigliera delle Ande.

Sono arrivato al ruscello e l’ho guadato. Di nuovo.

Dopo il ruscello il punto quasi impraticabile che all’andata era in discesa ora era pure in salita, ma io bravamente l’ho superato.

La pioggia si era fatta una cortina impenetrabile. Mentre slittavo dolcemente in salita stavo per dire a Bonaria, così in tono discorsivo: «Che poi sai che in queste zone in queste situazioni di pioggia ci sono spesso smottamenti, frane e improvvisi dilagamenti?». Così, per fare cultura.

Poi ho visto che stringeva con forza la maniglia della portiera e mi è sembrato meglio evitare.

Sono tornato in mezzo alle aziende agricole e ai rimboschimenti.

Ho oltrepassato di nuovo con fatica le fessure causate dalla pioggia che segavano la strada.

Ho quasi pensato: «Beati quelli che hanno il SUV». Quasi.

Pioveva che Dio la mandava. Il parcheggio dei camper sempre desolatamente vuoto.

Ecco, da qualche parte là sotto

Sono tornato sull’Orientale. Ho fatto altri cinquanta metri e a destra c’era lo svincolo, asfaltato e comodissimo, per l’albergo.

Nel parcheggio dell’albergo, piegati in due dalle risate (tanto, ormai…) abbiamo raccontato la cosa al Subcomandante Marcos, la quale, lapidaria, ha commentato: «A voi maschi Maps vi da alla testa, proprio».

Che avrà voluto dire, boh.

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