Un cuoco migliore
Leggo casualmente sul Guardian quella che è, in realtà, una notarella di cronaca locale: il cuoco del pub di un piccolo villaggio inglese (che ha, fra l’altro, il nome bellissimo e molto hobbit di Hinton-in-the-Hedges, cioè Maso fra le siepi) è stato condannato a quattro mesi di carcere per avere servito cibo cucinato malamente all’harvest dinner della parrocchia (un festeggiamento che mi pare analogo alle nostre cene di fine vendemmia o post tundimenta),causando la morte di una persona anziana e l’intossicazione di altre trentuno persone (le uniche che si sono salvate sono state quelle che erano vegetariane). Nello specifico il piatto incriminato era una spepherd’s pie: dagli atti processuali risulta che
La carne tritata non è stata cotta correttamente ed ès tata messa in una casseruola con acqua ghiacciata. [Il cuoco] aveva bisogno di andarsene e così avvolse la carne nella pellicola trasparente e la mise in frigo per la notte. Dopo averla lasciata, la cosse il giorno dopo e aggiunse le patate schiacciate calde. Non controllò la temperatura [della carne] quando questa fu servita
e mi pare dunque di capire che fondamentalmente abbia servito carne mezzo cruda e/o avariata. Una persona è morta di emorragia gastrointestinale causata dal vomito incontrollato, e gli altri hanno avuto – è sempre bello l’undestatement inglese – sgradevoli disturbi.
La cosa che mi ha colpito, però, non è questa, anche se tutto l’episodio ha un sapore seicentesco che non sembrerebbe probabile in epoca di HCCP e solide prescrizioni sanitarie. Piuttosto si tratta delle dichiarazioni del cuoco, che hanno una progressione per me singolare. Il Guardian riporta infatti che l’uomo ammette la colpa, sia pure giustificandosi: «Mi dispiace moltissimo, mi dispiace davvero moltissimo dirlo, ma credo essere stato spinto alla fretta. Ho fatto tutto di corsa». E va bene. Quello che trovo strana è l’osservazione successiva: «Adesso sono un cuoco migliore», in seguito alla «orribile, orribile circostanza».
Ora, può darsi che la frase faccia parte di una linea processuale in cui si cerca di dire che si è imparata la lezione e che oggi non si commetterebbe mai la stessa imprudenza. Però l’articolo aggiunge una precisazione che non sembra esattamente su questa linea, ma piuttosto frutto della terribile retorica dell’automiglioramento così tipica di questo momento. Si riporta infatti questa frase: «Rimorso non riesce a esprimere tutto [quello che provo]». Ok, perfetto. «Si tratta di qualcosa che non riuscirò mai a dimenticare». Giusto. «A causa di questo sono oggi un cuoco migliore ed è davvero un peccato che il costo di questo [miglioramento] sia dovuto essere quello che è stato».
Un peccato. Già. D’altra parte il progresso ha i suoi inconvenienti.