Ombre notturne
Avviso: questo è un articolo molto sincero, e come tale potrebbe non piacere. Fine dell’avviso.
L’altro giorno ho visto casualmente questo tweet:
Ora, la mia reazione a queste cose, di solito, è venata di scetticismo. Come la volta che per strada è passata Melissa Satta e nel gruppo di maschi che commentava c’era uno che, protendendo il petto, ipotizzava: «Io, a quella, se fossimo noi due su un’isola deserta, cosa tutto le farei», e io, passando sopra allo squallore generale e al fatto non trascurabile che già devi ridurti a ipotizzare l’isola deserta, dove quella non ha alternative, ma comunque mi ricordo di avere considerato fisico e età e di avere pensato: «Te, sull’isola deserta quella ti dà due schiaffi e ti manda a calci nel sedere a raccogliere noci di cocco in spiaggia e dopo, se ti rimane tempo, raus a spaccare la legna e se non ti sbrighi altri due schiaffi».
Sì, la mia idea dell’isola deserta deriva da Duello nel Pacifico, più che da Laguna blu.
Comunque, istintivamente la mia reazione al tweet di Balabam è stata simile: «Che paura farai tu che citi Fantozzi e devi essere più o meno mio coetaneo, che se mai ci mettessimo a inseguire una ragazza di notte altro che uomo lupo, più probabilmente dopo cinquanta metri ci viene l’infarto».
Poi l’altra sera, dopo una serata coi Fabbricastorie, Andrea mi ha riaccompagnato a casa e mi ha lasciato dall’altro lato della strada. Ho attraversato e mi sono infilato nell’area del distributore, che attualmente è abbandonato. Dall’altra parte delle pompe di benzina ho intravisto un’ombra. Era una ragazza, molto giovane, col cellulare acceso in mano, e un vestitino di quelli che li devi tirare di sotto e però poi li devi tirare anche di sopra.
E anche lei mi ha visto ed è trasalita. Ha fatto due passi indietro. La piazza, in quel momento, era deserta.
Per un attimo ho considerato di chiederle se era tutto a posto, se aveva bisogno di qualcosa. Poi ho considerato che le domande possibili, per quanto benintenzionate, erano tutte poco rassicuranti, tipo: «Sei qui da sola?», «Aspetti qualcuno?» e quindi ho deciso di no. Ho tirato fuori le chiavi dalla tasca, ho cercato di darmi l’aria del tizio stanco che vuole solo arrivare a casa sua, le ho voltato accuratamente le spalle e sono andato dritto al portone.
È stato abbastanza doloroso.
E, salendo le scale, mi chiedevo se l’avevo lasciata in una situazione di disagio o di pericolo. Intendiamoci, Cagliari è una città tranquillissima, la piazza anche a quell’ora avrà comunque un po’ di traffico ogni tanto e la sensazione di pericolo percepito non va mai confusa col pericolo vero, altrimenti dovremmo decidere di dare ragione alle peggio paranoie dei razzisti e istituire uno stato di polizia praticamente per ogni questione, che è un po’ il limite di tutte quelle linee di comunicazione: provateci voi a essere una donna, di notte… presumibilmente, se ci provi in un quartiere normale, in una situazione normale, non ti succede niente di grave.
Però è vero che di notte può sempre capitare uno che quanto meno ti rompe le palle, tanto più se sei una ragazza sola.
E poi lei aveva avuto paura, e anche questo è un fatto.
Sono entrato a casa. Maria Bonaria dormiva. Ho aperto la finestra. La ragazza aveva attraversato la strada e stava, sempre col cellulare consultato nervosamente, sotto un lampione. C’era appena di traffico, un tizio in moto si è girato a guardarla, una macchina ha rallentato per vederla meglio.
Sono rimato una mezzora in balcone ad aspettare, finché è arrivata una macchina e lei se n’è andata via, e allora sono andato a dormire.