Al bivio fra Copper e Ripper Street
L’altra sera ho fatto (del tutto per caso) uno strano esperimento, guardando una dopo l’altra le prime puntate di Copper e di Ripper Street.
Per chi non lo sapesse sono due serie televisive, entrambe di produzione BBC (Copper della consociata statunitense). Oltre alla casa madre hanno parecchi punti in comune: sono ambientate in periodi relativamente vicini (Copper nel 1861-1865, Ripper Street nel 1889); sono dei polizieschi che si svolgono in quartieri miserabili e ricchi di tensioni: Copper nel distretto di Five Points a New York e Ripper Street a Whitechapel a Londra, il che porta a un ulteriore elemento in comune: entrambe si confrontano con un immaginario del pubblico già colonizzato da predecessori importanti – da una parte Gangs of New York, dall’altra le mille incarnazioni di Sherlock Holmes.
Vedere le due puntate in maniera così ravvicinata è stata un’esperienza sorprendentemente interessante per le somiglianze e le differenze che saltano all’occhio.
Cominciamo con le somiglianze.
Un’abbondanza di clichés
Ripper Street inizia con una scena inquietante che si svolge in parallelo con improvvise esplosioni di violenza, fino alla scoperta di un delitto. Segue una scena di sesso con tanto di nudo femminile, ambientata in un bordello.
Copper si apre con una scena ambigua che fa da prodromo a un’improvvisa esplosione di violenza. Segue una scena di sesso con tanto di nudo femminile, ambientata in un bordello.
Non è che sto a guardare le serie TV col bilancino, quindi poi non sono stato a controllare, ma vedere a distanza ravvicinata due serie di ambientazione così simile rende evidente da una parte il livello di qualità a cui sono arrivati sceneggatori, produttori e registi (la cura dell’ambientazione è di alto livello), ma d’altra parte anche la standardizzazione, in particolare della scrittura, l’accurato bilanciamento delle parti d’azione con quelle più introspettive, e anche l’abitudine al ricorso ad alcuni topoi ricorrenti: il bordello è uno, per esempio (è vero che si tratta di un luogo importante della vita e dell’immaginario maschile della società occientale fino all’ultimo dopoguerra, ma ormai è una trita scorciatoia). Un altro topos è il medico legale ante litteram, che in Ripper Street è uno dei protagonisti e in Copper un comprimario (immagino ricorrente). Un altro è il gusto per il gore e il bisogno di rappresentare una realtà materiale sporca e degradata, e un paio d’altri luoghi comuni minori sono sparsi qua e là.
L’altra grande categoria di topoi in comune è fornita dal modo di tratteggiare i personaggi, con efficacia, bisogna dirlo, ma anche facendo ricorso a una “galleria” di tipi classici: niente di male visto che parliamo di un prodotto seriale di intrattenimento popolare, però un po’ si nota; per esempio in entrambe le serie il protagonista è un maverick insofferente dei condizionamenti che risponde più alla propria coscienza che alle convenzioni. Niente di male, ripeto: però è il sistema con cui io e il mio amico Andrea Veneruzzo per anni abbiamo assemblato il cast che faceva da canovaccio per delle (ottime) avventure per giochi di ruolo, sempre pensando, però, che i professionisti dovessero fare in ben altro modo: e vedere adesso che invece i professionisti fanno lo stesso – sebbene molto meglio di noi, di sicuro – lascia un po’ perplessi.
En passant: da qualche parte là sopra c’è la spiegazione del perché al mio amico Andrea Assorgia piaccia tanto Downton Abbey, «anche se non succede mai niente», dice, perché la scrittura di Downton, anch’essa solidissima è però di una qualità differente, e i personaggi sono funzionali alla storia (cioè originali), e non pescati da una galleria. Lo stesso, sospetto, potrebbe dirsi per Game of Thrones nel quale, anche se scritto con lo stesso bilancino di queste due serie (dieci minuti intrighi, dieci minuti sesso, dieci minuti combattimenti) l’originalità delle vicende immaginate da Martin – e dei personaggi – almeno per il momento prende il sopravvento.
Due tipi di narrazione diversi
Sin qui gli elementi in comune. Ma mi hanno molto interessato le conclusioni invece diverse a cui sono pervenuti i due team di sceneggiatori, chiamati a interpretare sostanzialmente la stessa materia.
Ripper Street sarà, probabilmente, un police procedural: a occhio e croce ogni puntata vedrà un delitto diverso da risolvere da parte della squadra, che è costituita da tre personaggi ricorrenti (l’ispettore, il sergente e il medico-investigatore, come in un milione di polizieschi diversi) e da una serie di comprimari (fra cui la donna del medico/maîtresse). È una struttura destinata ad essere ripetitiva, in cui le storie e i caratteri dei personaggi principali vengono lavorate lentamente (ormai delle sottotrame di approfondimento ci devono essere per forza) ma che in generale porrà sempre in primo piano gli stessi meccanismi di interazione. Ci sarà forse un cattivo principale, o un paio di antagonisti ricorrenti, ma potrebero anche non esserci: non sono indispensabili. È la struttura base della maggior parte dei serial ed è anche quella più adatta al lungo periodo, almeno fin tanto che funzionano le interazioni intene alla squadra di investigatori e alla loro cerchia più stretta di relazioni, e finché i casi da risolvere si mantengono interessanti.
Copper invece è una specia di soap opera. C’è un avversario principale ben individuato fin dall’inizio e la trama ha un suo focus principale: potranno esserci temi diversi per ciascuna puntata, ma saranno lo sfondo contro cui far progredire la trama principale. Conseguentemente non c’è squadra di protagonisti: c’è un eroe principale che è il motore della trama – ovviamente non agisce da solo, ma il focus del telefilm non sarà sulle interazioni interne alla squadra ma piuttosto sulle posizioni che i vari personaggi minori prenderanno rispetto allo scontro principale (chi starà da una parte, chi dall’altra) e, forse, sul destino individuale di questi comprimari: mi pare difficile che tutti portino a casa la pelle alla fine della prima serie. Questa è una struttura meno adatta alla serialità di lungo periodo, a meno di non allungare il brodo in maniera insopportabile: a un certo punto il conflitto originale dovrà essere risolto e casomai sostituito con un altro – e non è sempre detto che il secondo valga quanto il primo.
Naturalmente… quelle qui sopra sono profezie: facili, secondo me, ma forse ho straparlato. Per questo conto di guardarmi le due serie in parallelo, per vedere se ci ho azzeccato!
Una domanda forse un po’ paradossale. Cosa succederebbe se ogni serie di telefilm proposta, delle tante (quante, non ne ho idea) che si avvicendano sugli schermi delle telvisioni, fosse un capolavoro? Secondo me, risulterebbe indigeribile, perche’ sono troppi.
È una cosa che c’era in un brano (credo) di Max Weber, che immaginava una società – per esempio un convento – tutta fatta di persone sante: quelle che oggi ci sembrerebbero sfumature di carattere sarebbero in quel contesto peccati gravissimi. Così fra tante serie tutti capolavori ci sarebbero capolavori più grandi e minori: è il senso dell’articolo, voglio dire che sono due serie di ottima fattura, ma la media qualitativa alta del panorama generale delle serie TV evidenzia una serie di difetti che altrimenti passerebbero ignorati.
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