Dai fake all’IMU
Chi è Nana Nino?!
Da ieri Facebook mi propone (insistentemente) di fare amicizia con lei: considerato che non abbiamo amici in comune, suppongo che sia frutto di un’inserzione a pagamento.
Nana Nino è entrata in Facebook giovedì scorso, ha un solo amico (che si chiama Vota Il Movimento), un’icona che rappresenta il simbolo del Movimento 5 Stelle e posta solo notizie sul Movimento.
Come Maria Rosa. Come Eva Marianno. Come Iron Max. Tacci Vostra invece si è iscritto/a l’8 gennaio, e ha già una sua vita più complessa. Non ho avuto voglia di seguire tutte le tracce, ma a occhio c’è un sacco di fake in giro, in questi giorni.
Ora: i fake sono sempre il Male. Se non ne siete convinti, vi meritate tutto quel che vi può capitare. Ma, scontato questo, come tattica elettorale non è oltre il limite (formale) della scorrettezza, allo stesso modo della famosa lettera sul rimborso IMU: sono semplicemente colpi bassi da politica con la p minuscola.
A parte l’irritazione sui fakes, la cosa mi ha interessato per quel po’ di attenzione che dedico ai temi della comunicazione politica, soprattutto in rete. Mi pare evidente che la strategia sia quella di enfatizzare l’effetto valanga che, insieme con l’antipolitica, è al tempo stesso uno degli atout principali del movimento e uno dei suoi limiti: perché da una parte beneficia della dimensione della novità della proposta politica (che è un elemento importante di attrazione) dall’altra proprio la novità impone di rassicurare gli elettori: non siete soli, siamo in tanti, tanto più che c’è una fetta dell’elettorato che, si sa, segue la marea. Del resto è la stessa tattica usata da Berlusconi nel 1994 in una situazione politica e sociale simile, quando Gianni Pilo riempì l’Italia di sondaggi ad hoc.
Mi sono chiesto, in realtà, quanto questo dica del grado di sofisticazione della campagna elettorale del Movimento, posto che mi pare difficile che sia questa dei fake sia la pensata di qualche meetup e più invece mi pare un’azione da livello centrale. L’unica cosa che mi pare raffinata è la mezza riconoscibilità dei fake, che offre una facile via d’uscita in caso di polemiche troppo forti (abbiamo scherzato, si capiva, se fossimo veramente dei signori influencer saremmo stati più raffinati, invece così si raggiunge l’obiettivo – riempire FB di icone facilmente visibili – ma si fornisce la giustificazione che i fan possono credere senza troppi imbarazzi).
Per il resto è un’azione strategica ben impostata, come peraltro quella dell’IMU: là si mira a mobilitare un elettorato di anziani che si ritiene naturalmente parte del proprio elettorato, qui si rafforza la presenza sulla rete che è uno dei propri caratteri distintivi e si ottiene l’obiettivo di presentarsi come i sicuri vincitori, perlomeno morali (come l’insistenza sui numeri delle piazze strapiene – non che non lo fossero, eh).
Rispetto al grado di ingegnerizzazione di una campagna elettorale come quella per la presidenza USA, però, ho l’impressione che la comunicazione politica italiana sia ancora abbastanza indietro, se lo scopo di una buona comunicazione politica è quella di offrire a ciascun elettore quei punti del proprio programma che sono più vicini al suo modo di sentire: dopotutto, la lettera di Berlusconi è arrivata a mia mamma, e a me mi hanno proposto i fake. C’è spazio per migliorare…