Regole per una buona narrazione
Tempo fa avevo iniziato un lavoro su Excel che, partendo dal “decalogo del buon scrittore” di Zadie Smith (che avevo trovato a partire dal solito Blog around the corner) e usando decaloghi simili pubblicati dal Guardian, cercava di individuare quali erano i consigli più gettonati, da parte di quali scrittori – una specie di decalogo dei decaloghi.
Ho ancora il file da qualche parte, Ma in realtà ricordo che ho scoperto ben presto che era un lavoro di una noia mortale e inoltre ricco di contraddizioni: per esempio un buon numero di scrittori consigliava: «leggi molto!», ma un altro gruppo: «non leggere roba di altri!».
Alla fine ho abbandonato il progetto (in effetti non aveva molto senso), ma ieri ho visto girare su Facebook un elenco di ventidue consigli di scrittura a cura della Pixar e mi è venuta voglia di tradurli. E quindi eccoli a voi:
Ammira un personaggio perché ci prova piuttosto che i suoi successi.
Tieni a mente quel che ti potrebbe interessare come pubblico, non quel che è divertente fare come scrittore. Può esserci una grossa differenza.
Tentare di concentrarsi su un tema è importante, ma non potrai capire di che cosa tratta veramente la storia finché non l’avrai finita. Ora riscrivi.
C’era una volta ______. Ogni giorno ______. Poi un giorno ______. A causa di ciò, ______. A causa di ciò, ______. Finché alla fine ______.
Semplifica. Concentra. Combina le personalità. Salta le diramazioni. Ti sembrerà di perdere cose importanti, ma guadagnerai in libertà.
In cosa il tuo personaggio è abile, esperto? Mandagli contro il suo esatto opposto. Sfidali. Come se la cavano?
Trova un finale prima di occuparti del centro della storia. Davvero. I finali sono difficili, procurati il tuo fin dal principio.
Questo è esattamente quel che insegnava il compianto Gabriele Ferrari nei suoi corsi sulle fiabe.
Finisci la tua storia e lasciala andare anche se non è perfetta. In un mondo ideale potresti avere entrambe le cose, ma vai avanti. Fai meglio la prossima volta.
Quando sei bloccato, fai una lista di ciò che NON PUÒ accadere. Molte volte ciò che ti serve per andare avanti salterà fuori.
Fai a pezzi le storie che ti piacciono. Ciò che in loro ti piace è parte di te; devi essere capace di riconoscerlo prima di poterlo usare.
Metterlo giù sulla carta ti permette di iniziare ad aggiustarlo. Se rimane nella tua testa, un’idea perfetta, non potrai mai condividerla con nessuno.
Scarta la prima cosa che ti viene in mente. E la seconda, la terza, quarta, quinta – elimina ciò che è ovvio. Sorprenditi da solo.
Dai delle opinioni ai tuoi personaggi. Chi è passivo o malleabile può piacerti mentre scrivi, ma è un veleno per il pubblico.
Perché devi raccontare QUESTA storia? Qual è il credo che ti brucia che alimenta il tuo racconto? Quello è il cuore di tutto.
Se tu fossi il personaggio, in quella situazione, come ti sentiresti? L’onestà dona credibilità a situazioni incredibili.
Qual è la posta in gioco? Dacci un motivo per aggrapparci al personaggio. Cosa succede se fallisce? Aumenta le probabilità contro di lui.
Nessun lavoro è mai per nulla. Se non funziona, lascialo e prosegui – verrà buono di nuovo prima o poi.
Devi conoscere te stesso: la differenza fra fare del tuo meglio e fare il pignolo. Raccontare una storia è verificare, non raffinare.
Le coincidenze che mettono i personaggi nei guai sono una gran cosa; le coincidenze che li salvano sono barare.
Regola (giustamente) preferita da Claudia Rege Cambrin, cameriera della Locanda delle Arti Fantastiche e Signora della Recensione di Hokuto (dopo che l’hai ricevuta fai cinque passi e sei fuori catalogo). Mi adeguo anche io: è la migliore.
Esercizio: prendi i blocchi narrativi di un film che non ti piace. Come li riarrangeresti in ciò che ti piace?
Devi identificarti coi tuoi personaggi/situazioni, non puoi semplicemente scrivere “figo”. Cosa farebbe TE agire in quel modo?
Qual è l’essenza della tua storia? Il modo più sintetico di raccontarla? Se lo sai, puoi costruire il resto da lì.