Filosofia del vino
Devo dire che sono riuscito, probabilmente per fortuna, a tenermi abbastanza al riparo dal sacro furore di divulgazione della filosofia che per un periodo ha riempito le librerie con testi come “la filosofia e…” (i Peanuts, il calcio, la birra, l’unghia incarnita…).
Però nessuno è perfetto e quindi anche io ci sono cascato: una quarta di copertina rutilante mi ha convinto che questo libro fosse un vero saggio sul vino e su come le sue qualità, sia sensoriali che più immateriali (per esempio la capacità di inebriare, il legame con le feste…) fossero, e fossero state in passato, percepite e ragionate dall’uomo.
Quello che ho ottenuto è uno stanco catalogo di pensatori e filosofi, elencati in ordine cronologico, di cui viene riferito, con tono da manuale di filosofia, cosa hanno detto sul vino: e siccome ci sono tutti, ma proprio tutti, coloro che almeno una volta hanno nominato la parola “vino” nelle loro opere, forzatamente ciò che si ottiene è un insieme disuguale di osservazioni, alcune effettivamente legate al rapporto del singolo filosofo col vino, altre totalmente periferiche rispetto al suo pensiero. L’autore non si sforza mai di cogliere un filo di continuità fra le divere posizioni che si succedono nel tempo, né prova a far cozzare due filosofi del vino uno contro l’altro per vedere cosa ne esce: non si devia mai dalla pura compilazione di nomi e posizioni filosofiche.
Un libro quindi faticoso, poco utile anche come testo di consultazione: direi un bignami.