L’astronauta e lo scrittore (di festival – 1)
Venerdì sera della settimana scorsa (il 7 giugno) ho convinto Maria Bonaria ad andare a sentire Bruce Sterling al Bastione, all’interno di Leggendo metropolitano.
Non sono un grandissimo amante di Sterling come scrittore cyberpunk, ma ho formato molte mie idee su Giro di vite contro gli hacker, apprezzo il lavoro che Sterling fa sul futuro (e sul presente) su Wired e non mi perdo una delle sue conversazioni annuali sullo stato del mondo ospitate da The Well. La maggior parte delle volte penso che il vecchio Bruce sia un maestro nel far credere di capirne moltissimo mentre in realtà sfarfalla, ma le sue acrobazie di pensiero sono sempre stimolanti; un esempio è questa opinione sull’Italia (dalla conversazione sullo stato del mondo 2013, Sterling vive a Torino dal 2007):
Gli italiani non sono secondi a nessuno in materia di capitale sociale, il che è il motivo per il quale il loro governo è così disfunzionale. L’Italia in realtà non è una “nazione” con un “governo”, è un insieme di città-stato estremamente civilizzate alle quali è stato imposto uno stile di vita nazionalistico nel decennio 1860. Se i predatori locali di Francia e Austria non avessero inventato il governo nazionale centralizzato non credo che gli italiani sarebbero mai riusciti ad arrivarci da soli. Adesso che al mix stanno aggiungendo i social network, davvero mi interrrogo. Non è governo, o società civile, o capitale sociale… la gente li adora, palesemente, ma ti devi chiedere cosa ne verrà fuori alla lunga, fra venti o quarant’anni.
Insomma: ti sembra una cavolata e ti metti lì a pensare come smontare l’americano presuntuoso. Pensa che ti ripensa ti sono venute in mente delle cose interessanti, hai fatto delle scoperte e a quel punto non ti interessa più davvero smontare Sterling. Sei oltre, hai visto cose, mondi… hmmm, chissà se lui troverebbe lusinghiero essere paragonato a un alteratore di stati di coscienza. Probabilmente si.
D’accordo, insomma l’idea di sentire Sterling dal vivo mi piaceva parecchio e così siamo andati a sentirlo: un gelato da Stefino preliminare e poi là, al Bastione. Alle nove: perché l’incontro inizia alle dieci ma ci sarà un sacco di gente, vedrai.
Invece non c’è nessuno, tranne un professore di Giurisprudenza e un vento gelido che taglia le ossa, l’unica cosa che hai nello stomaco è un gelato – un gelato! e desideri di esserti riempito invece di grog, qualunque cosa esso sia, o di qualche altra roba che bevono al Polo – e noi ci rattrappiamo sulle sedie stringendoci nella felpina di cotone. Però siamo in prima fila. Magari ce lo scriveranno sulla lapide: prese una polmonite in prima fila al Bastione.
Intanto che non hai niente da fare tranne battere i denti, però, il cervello può lavorare in santa pace. Per esempio, passano un po’ di staff e di organizzatori, e mi chiedo che giro sia Leggendo metropolitano, perché l’impressione che ho è che sia un giro diverso da altri che si muovono in città e sono più in evidenza, e poi sapete che mi piace sempre interrogarmi e catalogare le reti locali. La domanda è ingannevolmente semplice (una ricerchina in rete svela la risposta, apparentemente), ma in realtà ha che fare con parecchie altre cose, e in fondo vuol dire chiedersi se Leggendo metropolitano è capitale sociale, o società civile, per dirla con Sterling, o altro, chissà (spero non predatori austriaci, qualunque cosa questo voglia dire, a occhio direi invece capitale sociale), e che punti di intersezione ci sono con le mie reti (apparentemente: pochi).
L’altra cosa che si chiede, lo zio Rufus rannicchiato sulla sedia con le ginocchia sollevate a tenere ferma la mascella, è quanto costi Leggendo metropolitano, e chi cacci i soldi (una ricerchina in rete qui dà meno risposte, anche se ci sono i nomi degli sponsor, sul programma e nel sito). Un po’ è una domanda tecnica, perché un giorno i Fabbricastorie faranno la convention di giochi definitiva che renderà ogni altro evento ludico cagliaritano un pallido ricordo, e guardare quel che fanno i maggiori di te è sempre utile. Un po’ è perché c’ho l’occhio sociale, e per esempio noto che, per quanto ne so, nessun festival letterario in città pubblica un bilancio sociale: se si facesse non sarebbe un cattivo contributo al dibattito culturale locale, penso.
Intanto che mi faccio tutte queste domande arriva un po’ di pubblico, arriva Sterling (un po’ mi pare di riconoscerlo dalle foto, un po’ sento che parla inglese e io, novello Sherlock Holmes, traggo le mie deduzioni). Ho lasciato a casa le mie copie di La matrice spezzata e di Giro di vite contro gli hacker, quindi niente autografo, e poi mi vergognerei un po’, forse. Per un attimo considero la possibilità di una foto – effettivamente sarebbe fighissimo – ma qui la timidezza prende il sopravvento e rimango pacifico a tremare sulla sedietta.
C’è però una parte di pubblico che non ha di queste riserve, e fioccano le foto ricordo. Solo che non le fanno con Sterling, ma con un altro tizio, vestito in un doppiopetto elegante, bell’uomo alto e dinoccolato, un po’ alla Kirk Douglas, che mi è del tutto ignoto.
Astuto come una volpe mi alzo e vado a vedere il cartello appeso al palco che elenca le varie attività previste. Apprendo che Sterling discuterà con tale Paolo Nespoli, nome che mi è del tutto ignoto (ehm) e che il dibattito sarà moderato da tale Andrea Possenti, nome che anch’esso mi è del tutto ignoto (ri-hem). Proseguendo sulla linea Sherlock Holmes inaugurata, decido che Possenti deve essere chiaramente un noto giornalista, magari televisivo, e che pertanto è lui l’oggetto delle brame del pubblico, il bell’uomo alto intento a fare il segno di vittoria davanti all’obiettivo mentre abbraccia ora l’uno ora l’altro degli spettatori.
È con una certa sorpresa da parte mia, pertanto, che quando a moderare il dibattito viene chiamato Andrea Possenti, “astrofisico e direttore dell’Osservatorio Astronomico di Cagliari”, il tizio alto resta comodamente seduto e invece sale sul palco un tizio che non avevo assolutamente notato. Mentre Possenti – che, incidentalmente, è stato il primo a scoprire una pulsar doppia, il che lo rende a occhio uno degli scienziati più importanti residenti a Cagliari – saluta il pubblico, io ricacciato su posizioni di ripiego decido che evidentemente il tizio alto è Nespoli (se non è zuppa…). Tah-dah, a me non la si fa, e quindi dopo che sul palco viene chiamato Sterling effettivamente al nome di Nespoli il tizio alto finalmente si alza e, accompagnato da gridolini e applausi d’entusiamo, sale sul palco, e apprendo che non di giornalista o star televisiva si tratta (o forse un po’ star lo è, considerata l’emozione del pubblico) ma di astronauta, e direi, di un signor astronauta, considerato che è stato sia sullo Shuttle che sulla ISS, la stazione spaziale internazionale. Devo dire che la reazione del pubblico mi colpisce: magari noi appassionati di fantascienza siamo in minoranza e i presenti sono tutti studenti di astrofisica, ma insomma non pensavo che esistesse il fan club degli astronauti.
Leggendo metropolitano di quest’anno ha un titolo di quelli che permettono di metterci dentro qualunque cosa, Legàmi, e il nostro dibattito specifico si intitola Legàmi stellari, che dal punto di vista di Sterling non mi pare fortunatissimo, considerato che la space opera non è propriamente il suo campo specifico. Possenti è molto bravo a familiarizzare con gli ospiti e a tenere alto il ritmo – alla fine passeranno due ore senza che ce ne accorgiamo – meno però a legare i due ospiti fra loro e a far emergere un tema comune. Devo anche dire che nuota controcorrente, perché Nespoli mette le mani avanti, dicendo: «Naturalmente tutti vorrete sapere come si fa a fare la pipì in assenza di gravità, vero?», dopodiché nessuno, e tanto meno Possenti, oserà fare domande sulla vita quotidiana sulla ISS, che invece magari erano un grimaldello interessante. Sterling, per conto suo, da vecchio volpone delle ospitate si è preparato: nel 2010 ha scritto un articolo sulla ISS (che è considerato un classico, vedo) e ha anche intervistato un’astronauta americana, e di questo vuole parlare: è buffissimo al secondo giro di domande che Possenti gli chiede una cosa e lui risponde a tutt’altro con quello che si era preparato, come se niente fosse. E anche nel seguito spesso Sterling danzerà astute danze attorno a Possenti e alle sue domande, sostanzialmente andando avanti per conto suo.
Contro Possenti congiura anche l’interprete, che non mi pare bravissima: per tutto il dibattito non sembra capire che la stazione spaziale internazionale è un oggetto singolo e specifico, non un termine generico per indicare qualunque astronave, e anche in altre occasioni lascia Sterling un po’ abbandonato a se stesso. Naturalmente lui piazza anche delle zampate niente male: l’immagine della ISS come una specie di sito archeologico “patrimonio dell’umanità” non è male, come lo è la provocazione che dovrebbe pertanto essere affidata alla gestione degli europei, che sono bravi e hanno tanta esperienza nella gestione di monumenti culturali. Non mi pare che Nespoli apprezzi, né che sia in fondo disposto a discutere di politica strategica dell’Agenzia Spaziale Europea: sembra più abituato ai linguaggi di quando si va, poniamo, nelle scuole a fare promozione dell’immagine della corsa allo spazio, ma il pubblico e lo scrittore che lo fronteggia richiederebbero forse un atteggiamento comunicativo diverso.
Il che è un peccato, anche dal punto di vista del dibattito: perché anche da qualche accenno, purtroppo troppo vago, emerge che Nespoli è un personaggio più che interessante: non tutti sono prima ufficiali dei corpi speciali, fanno l’intervento militare in Libano e poi si laureano anche a trentun anni in ingegneria spaziale e vanno più volte nello spazio. Una vita da romanzo, si sarebbe detto una volta, e chissà che ne pensa Sterling…
Né emerge, se non in maniera disperatamente sottotraccia, l’idea del soldato combattente che va nello spazio, vede la Terra senza confini e, non dico che diventa pacifista, ma almeno riconsidera una serie di cose e guarda ai ai confini e ai rapporti fra popoli in maniera diversa: un approfondimento sarebbe stato interessante ma Possenti se lo lascia sfuggire, Sterling quando tocca a lui non affonda mai il colpo e il tutto rimane sullo sfondo.
In realtà non si capisce bene se Sterling e Nespoli si pongono su due corni opposti di uno stesso argomento o se proprio navigano nello spazio come due asteroidi che nel buio interstellare non si incontreranno mai: un curioso dissidio proprio alla fine sembra suggerire almeno due idee di futuro diverse. Nespoli viene chiesto qualcosa sulla vita extraterrestre (e/o sulla colonizzazione di altri pianeti) e dice, sostanzialmente, che con la tecnologia attuale il problema non si pone e che, poiché il futuro è imprevedibile, sostanzialmente di questo adesso non si può dire niente. Si alza anche in piedi, per dirlo, mima una corsetta sul palco per raccontare delle distanze di cui sta parlando.
Sornione, anche Bruce torna sull’argomento da un altro punto di vista, definisce anche lui una mimica fisica, misurando la durata della Terra sulla base dell’apertura delle sue braccia, e poi indica con questa logica la durata della presenza dell’uomo: un frammento di unghia. E dice pure che non è vero che il futuro è imprevedibile: la scoperta scientifica dell’anno prossimo la stanno già ricercando adesso, dopotutto (e ha ragione). È un momento di (possibile) dissenso allettante, dal quale finalmente potrebbe scaturire un disegnare diversi futuri, ma purtroppo il tempo a quel punto era praticamente scaduto e quindi buonanotte, ci alziamo, si fanno un po’ di altre foto ricordo e addio.
Andando via mia moglie che si sa, la sa più lunga di me, diceva che un buon festival – o un dibattito, è lo stesso – dovrebbe aprirti delle strade, delle prospettive nuove. Questa apertura, aldilà della curiosità per la figura di Nespoli o delle zampate di Sterling, mi pare sia mancata. E anche io andando via pensavo: «Ma io, un festival, lo saprei fare meglio?» e, incautamente, mi dicevo: «Forse si».
In realtà la domanda, lasciamo da parte la risposta presuntuosa, forse era anche un’altra, e riguardava a cosa servono i festival, e come bisogna farli e con quale obiettivo. La cosa sarebbe stata discussa in lungo e in largo il giorno dopo al festival di Sassari di Scirarindi, ma io in quel momento non potevo ancora saperlo. Era solo mezzanotte, il vento era calato e dal Bastione si vedevano tutte le luci della città: probabilmente qualcuno, sulla stazione spaziale, le stava guardando anche lui. Ha ragione Sterling: forse il futuro è sempre già cominciato, mentre ne parli.
: ) mi ha fatto pensare a questa canzone dei Signor Palomar (astronauta innamorato)
http://signorpalomar.bandcamp.com/track/lastronauta-innamorato
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