Lo scherzo del maestro dei Grandi Maestri
Il primo gioco a cui mi sia appassionato sono stati gli scacchi, a cui rimango tuttora molto affezionato anche se li pratico raramente.
Durante una recente chiacchierata notturna coi Fabbricastorie ho scoperto che i miei consoci non obbiettano a questa mia passione, ma dubitano fortemente della mia convinzione che la storia degli scacchi sia piena di episodi divertenti o coinvolgenti o comunque degni di essere raccontati.
Naturalmente si sbagliano, come questo articolo si propone di dimostrare: e niente prova l’errore come la storia di Viktor Korchnoi, il “maestro dei Grandi Maestri”.
Per quelli di voi che non lo sanno i giocatori di scacchi hanno un loro sistema di titoli di forza, un po’ come le cinture colorate delle arti marziali. I Maestri Internazionali sono l’élite. I Grandi Maestri sono la crema della crema: e quindi essere considerato il “maestro dei Grandi Maestri” non è cosa da poco. Korchnoi ha meritato il soprannome per uno stile di gioco roccioso e solidissimo e, a un tempo, innovativo e fantasioso. Ha battuto tutti i più forti giocatori del suo tempo e ha vinto infiniti tornei lungo una carriera che attraversa diversi decenni: tolto Lasker nessuno dei grandi campioni della storia degli scacchi ha avuto una carriera longeva come la sua che fino al 2009, a ottant’anni suonati, ancora giocava ad alto livello.
Korchnoi, però, il “terribile Viktor”, non è mai stato campione del mondo di scacchi. Ha perso tre volte contro Karpov per il titolo mondiale. Karpov, l’uomo del regime sovietico, il perfetto strumento di propaganda dell’URSS.
A Korchnoi della politica non deve essere mai importato granché, e il suo obiettivo unico era diventare campione del mondo di scacchi. Ma nell’URSS pre-’89 gli scacchi erano disciplina di stato, sostenuta da un sistema formativo che non ha avuto uguali al mondo, e lo strumento per dimostrare la superiorità delle discipline sovietiche. Praticare lo sport degli scacchi non era una questione che non potesse non avere conseguenze politiche: ne sapevano qualcosa Paul Keres, che era estone, e Michail Tal’, il mago di Riga, entrambi scacchisti fortissimi che, sebbene cittadini sovietici, non essendo russi etnici fronteggiarono infinite diffidenze.
Korchnoi non andava particolarmente d’accordo con i burocrati della federazione scacchistica russa, si inimicò alcuni altri forti giocatori e prese particolarmente male il fatto che nel 1974, in uno sforzo di promuovere leve di giocatori più giovani e di rafforzare la posizione di Karpov, appena diventato campione del mondo, venne deciso che non gli sarebbe più stato permesso di giocare tornei internazionali. Il bando venne temporaneamente revocato nel 1976, quando a Korchnoi fu permesso di giocare un torneo ad Amsterdam: dopo la cerimonia di premiazione il buon Viktor eluse la sorveglianza degli addetti dell’ambasciata sovietica, raggiunse un commissariato e chiese asilo politico. In URSS lasciava moglie e figlio: nostante i suoi tentativi per farli uscire a loro volta, riusciranno a raggiungere l’Occidente solo più di dieci anni dopo. Il figlio fu anche incastrato con un pretesto e si fece due anni di Siberia. Appena raggiunto Korchnoi in Svizzera la moglie chiese il divorzio.
Vivendo da esule si qualificò come sfidante di Karpov per il titolo mondiale. I sovietici erano furibondi: dopo il match di Spassky contro Bobby Fisher, che già si era colorato di interpretazioni politiche, si ritrovavano in una situazione simile. Le tentarono tutte per provare a evitare lo scontro, ma non ci fu niente da fare: la sfida si giocò nel 1978 a Bagujo, nelle Filippine di Marcos, e meriterebbe un libro a parte, basti dire che il racconto richiederebbe di scavare a fondo, più che nella teoria scacchistica, nel ruolo di agenti segreti, parapsicologi, complotti ad alto livello e chi più ne ha più ne metta. Karpov vinse per un pelo e molti scacchisti ritennero Korchnoi, se non vincitore morale, almeno meritevole di essere considerato pari al campione del mondo.
Mentre si svolgevano i match ufficiali per determinare il nuovo sfidante per il titolo (Korchnoi si qualificò di nuovo per la sfida, che si tenne in Italia, a Merano, nel 1981) le polemiche politiche e sportive che avevano accompagnato il match di Bagujo spinsero le autorità sovietiche a rafforzare il loro boicottaggio di Korchnoi: già da prima era formalmente proibito ai maestri russi di partecipare a tornei in cui ci fosse anche Korchnoi, ma a questo punto furono fatti firmare impegni scritti a più di sessanta Grandi Maestri e Maestri Internazionali russi.
Korchnoi schiumava: per motivi speculari a quelli dei sovietici aveva bisogno di dimostrare di essere più forte dei loro giocatori. Il maestro dei Grandi Maestri, appunto. Oltretutto si manteneva con le borse dei tornei, e se non si confrontava ad alto livello il suo gioco ne avrebbe risentito.
È in questo scenario che si colloca l’episodio di Lone Pine, nel 1981. La cittadina californiana ospitava un torneo scacchistico internazionale di media importanza, a cui i sovietici iscrissero due loro forti giocatori, Yusupov e Romanishin. C’erano voci di una possibile presenza di Korchnoi, ma al momento del loro arrivo nessuna traccia di lui. I due aspettarono fino a sera, poi rassicurati sbrigarono le ultime formalità di iscrizione e andarono a letto.
I racconti precisi su quel che accadde successivamente divergono, ma pare che Korchnoi sbarcò da un autobus della Greyhound in piena notte, trovò fortunosamente il direttore del torneo, che era casualmente impegnato in una partita amichevole con un altro maestro, e venne sistemato provvisoriamente sul letto libero della stanza di un terzo giocatore, che aveva una doppia.
Formalmente i termini di iscrizione non erano scaduti e al mattino i due poveri russi si svegliarono per scoprire che il babau si era infiltrato in mezzo a loro. Il boicottaggio, per quanto stranoto, non era e non poteva essere reso pubblico, e temettero di rendersi ridicoli se si fossero improvvisamente disiscritti dal torneo: per cosa erano volati fino alla California? per una gitarella? Oltretutto non c’era nessun funzionario dell’ambasciata a portata di mano e nessuno che si potesse prendere la responsabilità di una decisione in un senso o nell’altro.
Così si fecero coraggio (magari pensarono che se fossero riusciti a battere Korchnoi gli avrebbero regalato una dacia sul Mar Nero) e decisero di restare al torneo.
Alla cerimonia di apertura Korchnoi gli fece un sorriso a sessantaquattro denti: tutti canini.
Ovviamente durante il torneo il terribile Viktor se li mangiò vivi e vinse il primo posto (e 15 000 dollari) con sette punti su nove.
64 denti tutti canini 🙂 lol
😉
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