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Domande di politica

Con i disastri di ieri e diciotto morti non ho molta voglia di scrivere, ma questo l’avevo preparato ieri e poi, forse, c’entra anche con l’alluvione, anche se marginalmente.

Panorama CagliariA me Cagliari interessa

A me le cose che riguardano Cagliari interessano molto. D’altronde è la mia città, ci vivo da quando sono nato e ci faccio politica, sia pure fuori dai partiti, da quando stavo ancora alla scuola media. Mi sono perfino scelto un gruppo apposito nell’Azione Cattolica, che si occupa del rapporto fra il cristiano e la città.

Però sono fatto così: che per vivere le cose ho bisogno di capirle, e quindi ho bisogno di informazioni. Credo sia un fatto comune a quelli come me che non sono dei supergeni. Le cose qualcuno ce le deve far vedere, almeno nelle linee essenziali. Poi noi saremo capaci di giudicare, ma qualcuno prima ce le deve raccontare. Oppure: non solo non siamo intelligentissimi, non siamo nemmeno dei leader che stanno nelle segrete stanze. Così se una cosa sta per succedere, finché non succede non ce ne accorgiamo. Anche lì ci servono delle spiegazioni.

Per questo, ai bei tempi di Radiopress, mi piaceva Buongiorno Cagliari! Perché usufruivo dell’intelligenza e del sapere collettivo degli ascoltatori e così un po’ ne capivo di più (ché se stai ad aspettare l’Unione, addio, stai fresco).

Fare politica a Cagliari

Per lo stesso motivo adesso sono piuttosto perplesso. Perché non capisco cosa sta succedendo a Cagliari. Mi mancano le informazioni. O meglio: le informazioni magari sono pure tante. Ma non trovo nessuno che mi racconti le cose in termini di questioni politiche generali.

Diciamo così: due anni fa la mia città ha vissuto un momento di discontinuità politica molto forte. Uno può esserne contento (io in piazza del Carmine a festeggiare c’ero), può non esserne contento, ma nessuno può negare che la discontinuità ci sia stata.

YASHICA Digital CameraA due anni di distanza, cosa è successo? Cosa succede? In termini politici non lo racconta nessuno. Né il governo cittadino, né l’opposizione. Piuttosto c’è un esubero di micro-informazioni, di narrazioni parcellizzate – e a partire da questo ovviamente c’è una enormità di assolutizzazioni del proprio punto di vista – che non aiutano. Oppure si fanno confusioni, pro o contro, fra azioni amministrative e governo della città; voglio dire che mettere le piste ciclabili non è, da solo, un segno politico: lo diventa in un contesto di scelte di governo urbano, sulla mobilità, sull’ambiente, e così via. Altrimenti è banalmente un atto di organizzazione del traffico, per il quale non c’è bisogno di un Consiglio comunale: basta e avanza un maresciallo dei vigili urbani. Detto al contrario, prendendo un cavallo di battaglia dell’opposizione: si discute delle politiche sociali, se si è intelligenti, non delle “case ai Rom” (che poi non c’erano, ma non è questo il discorso. E comunque non c’erano). Lo stesso vale per i gesti simbolici, che aizzano le folle e fanno guadagnare consenso: ma, ancora una volta, ridurre le auto blu non è ancora politica (al massimo è un buon inizio, come nelle barzellette sugli avvocati: «Cosa sono venti avvocati in prigione?», «Un buon inizio»). Se la politica sotto non c’è, prima o poi i gesti simbolici disponibili finiscono, e allora rischi che sia finita anche la benzina.

È chiaro che le scelte politiche sono fatte dall’insieme delle singole scelte amministrative, burocratiche, operative, ma metterle in fila è appunto un discorso politico: non, invece, dissezionarle e discuterle una per una, senza costrutto. La confusione fra il piano politico e amministrativo, sia detto per inciso, è uno dei peggiori portati del grillismo, dato che amministrare un Comune non è come amministrare una famiglia, ma non è questo il discorso che voglio fare.

Contro le caricature

La situazione è ulteriormente complicata, secondo me, dal fatto che la cattiva qualità della politica ha fatto diventare il sarcasmo e la satira discorso narrativo dominante, e quindi porta a confondere la caricatura con la realtà. Bersani non è quello di Crozza, Berlusconi non è il miliardario ridens o il nano malefico. In tempi normali Crozza sarebbe un bel contraltare di Bersani, una sua recensione, invece oggi pensiamo che sia proprio lui. La combinazione micidiale fra pochezza comunicativa (o pochezza tout court) di tanti politici e opinione pubblica sprovveduta porta a confondere la mappa col territorio, l’ombra con l’oggetto, la caricatura con la realtà. Quindi Massimo Zedda non è il sindaco del mojito, per dire, e dovrebbe essere possibile raccontare il governo del Comune di Cagliari senza far ricorso a figure da Commedia dell’Arte: il Giovane, l’Arrogante, il Brontolone, la Raccomandata, il Traffichino. Per fare un esempio recente: raccontare le vicende del Lirico come “storia di una raccomandazione” appartiene al novero di quelle narrazioni superficiali tipo che Napoleone III dichiarò guerra all’Austria perché innamorato della Contessa di Castiglione. La storia dei sussidiari. L’analisi politica da bar.

Secondo inciso: è chiaro che questa narrazioni d’accatto sono utili a una politica di basso livello, una politica fatta da notabili senza altro retroterra che le proprie consorterie, in cui il massimo a cui si può aspirare è quello di presentarsi (o di essere smentiti) con delle narrazioni di tipo personale: l’Intelligentone (per gli avversari il Voltagabbana), la Donna (o la Zerbia), il Giovane (o la Nullità), l’Intellettuale-fuori-dai-giochi (o lo Squalo), il Nemico-di-quell’-altro (o l’Assatanato) sono tutte narrazioni stereotipate prive di qualunque spessore politico. L’unico che si distingue è Cappellacci, che man mano è uscito dallo stereotipo della Macchietta-messa-là-da-Berusconi per proporsi come rappresentante efficace di un blocco di potere, con tanti saluti a Intanto in viale Trento; come avrebbe detto Brecht:

Nessuna voce risuona tranne la voce di chi comanda
e sui mercati lo sfruttamento dice alto: solo ora io comincio

Ma anche questo è un discorso che adesso non voglio fare. A me, come detto, interessa parlare di Cagliari.

E quindi avrei delle domande da fare

E quindi sul Comune di Cagliari a due anni dallo tsunami avrei delle domande, che sono politiche. Oh, se qualcuno, qui o altrove, vuole raccontarmi delle cose a partire da altre domande o da altre visioni, ne sarei felicissimo. Non pretendo di dettare l’agenda. Mi secca solo che la riflessione sia un po’ asfittica in questo momento, tutto qui. Comunque io, adesso, quello che mi chiedo, quello di cui vorrei che si discutesse, è più o meno questo:

Sant'EfisioEsattamente: chi rappresenta chi?

  • Quali sono i blocchi sociali e gli interessi che si fronteggiano in Consiglio? A quali consiglieri, partiti o pezzi di partito fanno riferimento i vari interessi diffusi, culturali, sociali, che ci sono in città (o viceversa: quali sono i poteri e i blocchi sociali in grado di condizionare il Consiglio comunale e di orientarne l’azione?)? Quali sono, in termini di reddito prodotto, di posti di lavoro, di importanza strategica, gli interessi economici più significativi a Cagliari? Chi li rappresenta in Consiglio? Ci sono pezzi importanti della città, in termini sociali o territoriali, che non sono rappresentati?
  • La precedente amministrazione comunale esprimeva una certa visione urbanistica. Molto della campagna elettorale si è giocata pro o contro dell’evoluzione di quella visione: aree dello stadio, della Fiera, aree limitrofe al porto, su Stangioni. E adesso, che succede? Che visione c’è? Considerato che non è possible che il ceto e gli attori che si facevano portatori di quella visione (e quindi di quegli interessi) siano scomparsi nel nulla, che fine hanno fatto? Chi li rappresenta? Con che modalità?
  • Nella precedente legislatura, è sembrato che talvolta la politica (o l’amministrazione) fosse la prosecuzione dell’economia con altri mezzi, ed è certo che fosse forte la capacità di condizionare i meccanismi di concessione di beni pubblici, dall’Anfiteatro al Poetto fino a concessioni “minime” come quelle dei caddozzoni per strada o questioni legate al traffico o ai parcheggi. E adesso? Questo legame è stato reciso? Si è rafforzato? Quanta parte dell’azione amministrativa è ancora condizionata dalla necessità di soddisfare micro- (o macro-) interessi economici di taluni? Oggi è più forte la libera concorrenza rispetto a due anni fa oppure ci sono imprenditori che, grazie a una maggiore capacità di relazioni politiche, sono privilegiati rispetto ad altri? Che partito, pezzo di partito, consigliere sostiene la libera concorrenza? Chi gli interessi diffusi? Chi è attento a interessi e progetti specifici?
  • Negli ultimi anni Cagliari ha conosciuto un forte sviluppo turistico. Tutti diciamo che è cosa buona e giusta, ma nel concreto quale tipo di sviluppo cittadino basato sul turismo si immagina? Come andrebbe configurata la città per realizzarlo? Quali operatori economici, blocchi sociali, categorie di cittadini trarrebbero vantaggio da una scelta o dall’altra? Chi svantaggi? E ancora una volta: chi rappresenta ciascuno?
  • Ci sono opportunità economiche non colte? Settori nascenti? Cosa bisognerebbe fare per svilupparli? Ci sono settori di lavoro o gruppi di imprenditori che avrebbero bisogno di misure dell’azione amministrativa per svilupparsi (o sopravvivere…) che non vengono prese? Nel caso: perché? C’è una visione della città che mette in fila strategica certi settori rispetto ad altri, ed è per questo che taluni soffrono? Se questa visione esiste, è stata assunta sulla base di quali valutazioni, pensando a quale consenso, con quali rappresentanze? Se non esiste, l’amministrazione che governa soddisfa abbastanza interessi diffusi da reggersi (altrimenti è destinata palesemente alla sconfitta)?
  • BonariaSiccome non si vive di solo pane: come sono i rapporti con la Chiesa cattolica? Chi vi fa riferimento (o chi è considerato dalla Chiesa, o da parti di essa, un riferimento)? E le altre comunità religiose? Chi le rappresenta?

E, parlando di blocchi sociali…

  • Per il Comune, Cagliari ha votato a destra per più di vent’anni. La sconfitta delle ultime elezioni è stata segno di un cambiamento negli equilibri cittadini o è piuttosto da considerarsi un accidente, dovuto a una crisi momentanea (la candidatura di Artizzu, un momento favorevole alla sinistra a livello nazionale…)? E in un caso e nell’altro in questi due anni come si sono modificati questi equilibri? Si è ricompattata la destra? La sinistra ha consolidato il suo vantaggio? Gli uni e gli altri facendo riferimento a quali gruppi sociali?
  • Come si collocano politicamente i vari quartieri? E le fasce demografiche? Che grado di partecipazione alla vita pubblica c’è? Che livello di informazione politica?
  • Chi gestisce i flussi di comunicazione, la costruzione del consenso? È ostile o favorevole all’amministrazione? A che interessi risponde?

In tempi di vacche magre

  • L’amministrazione comunale fronteggia, come tutte, un livello descrescente di trasferimenti dallo Stato e di risorse: come vi ha fatto fronte? Ha mantenuto, incrementato o ridotto gli standard di servizi ai cittadini? Quali servizi sono stati privilegiati? Quali settori? Che politiche di tassazione e di redistribuzione del reddito vengono attuate? Secondo quali visioni? E, in realtà, il tema della diminuzione delle risorse spiega davvero qualcosa o è una foglia di fico?
  • In generale, quale modello di welfare è pensabile nel prossimo futuro per la nostra città? Quali scelte fare? A chi dare voce? Che attori entrano sinora nel processo? Quali ci dovrebbero entrare? In merito che posizioni ci sono in campo? Che visioni si fronteggiano?
  • Che politica esprime la città dal punto di vista delle comunità? Che identità sono servite: bambini, giovani, anziani, lavoratori, disabili, famiglie, quartieri…? Chi riceve intrattenimento, spazi, assistenza? E chi no? Che realtà del privato sociale o del terzo settore o dell’associazionismo o della cultura riescono a raggiungere i propri utenti potenziali e chi no? Quanto di questo dipende da politiche del Comune? Quanto da altro? Cosa si potrebbe fare?

La macchina amministrativa cittadina

  • Durante la campagna elettorale, il tema della macchina amministrativa del Comune è stato molto dibattuto. Parte delle forze che poi hanno vinto le elezioni hanno espresso critiche riguardo alla competenza, efficienza e perfino alla imparzialità. Che cosa è successo? Ci sono state riforme, azioni? Com’è il rapporto fra uffici e cittadini? Che grado di soddisfazione hanno i cittadini dall’interazione quotidiana con gli uffici?
  • L’amministrazione comunale è attrezzata per gestire progetti comunitari, per reperire risorse straordinarie, per seguire ciò che esula dall’amministrazione ordinaria? Se no, cosa è stato fatto? Cosa si pensa di fare?
  • Dopo vent’anni di governo di un’altra parte politica, che grado di neutralità hanno gli uffici e soprattutto i dirigenti? È possibile, come qualche volta si sente, che rispondano a interessi e visioni divergenti rispetto a chi ha il mandato di governare la città in questo quinquennio? Se fosse vera una simile situazione, cosa si dovrebbe fare?

E soprattutto…

  • È vero l’assunto di questo articolo, che si parla poco di politica, nel senso che ho provato a dire? Da cosa dipende? Perché si ha l’impressione che in generale gli attori politici comunichino poco sui temi di fondo? Da cosa dipende? Difetti loro, mancanza di interlocutori, che altro?
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