La politica è morta, viva la politica
Questa settimana l’articolo collettivo è stato scritto da Enrico Lobina. Come al solito viene pubblicato, oltre che su questo sito, su quelli di Fondazione Sardinia, Tramas de amistade, Aladin pensiero, Vito Biolchini, Sardegna soprattutto, Enrico Lobina, Madrigopolis, Forma paris e Tottus in pari. Enrico sa, perché gliel’ho detto durante la discussione, che secondo me l’articolo finisce dove doveva iniziare, e quindi mi dichiaro sin d’ora disponibile a pubblicare la… seconda parte. Enrico in realtà i ha presentato due versioni, una in italiano, che è quella che segue, e una in sardo, che pubblico comunque, a parte, non solo per gli amanti della lingua sarda, ma perché più che una traduzione è proprio un’altra versione, con alcune differenze anche di significato.
La politica è morta, Viva la politica!
di Enrico Lobina
La maggioranza dei consiglieri regionali sardi della legislatura 2004-2009 è indagata per peculato. All’orizzonte appaiono nuovi filoni di indagine, ed ogni giorno ha la sua novità. In quasi tutte le regioni d’Italia sono in corso indagini, alcune antecedenti ed altre successive a quella sarda. Il punto non è il finanziamento pubblico per attività politiche determinate, bensì il suo utilizzo distorto.
Non possiamo sapere precisamente quali effetti genereranno sul mondo politico queste indagini, ma da Tangentopoli sappiamo quanto possono essere deflagranti.
Questi eventi scatenano, negli strati popolari e tra le élite politiche, reazioni diverse.
Tra le classi sociali più colpite dalla crisi è nettamente prevalente la considerazione per cui sono tutti uguali: tutti hanno rubato senza pensare al ruolo che avevano. Come dare loro torto? Chi ha sentito e subito per decenni proclami, e vede le condizioni materiali di vita proprie e dei propri figli nettamente peggiorate, come dovrebbe reagire?
Vince il qualunquismo, anticipatore del cesarismo, che può essere progressivo o regressivo.
Tra le élite politiche prevale il ragionamento per cui si tratta di casi isolati e, quindi, una questione morale non esiste. Berlinguer, anche a sinistra, va bene in qualche manifesto, ma la famosa intervista a Scalfari, che già allora era indirizzata tanto all’interno del PCI quanto all’esterno, oggi non viene ritenuta adatta a descrivere la situazione in cui viviamo.
Al contrario, sono sempre più le eccezioni, gli intellettuali, sindacalisti, politici e rappresentanti delle istituzioni che riconoscono, pur nel principio della non colpevolezza degli indagati, l’esistenza della questione morale.
Il problema non è di un singolo o una singola, per quanto importante essa sia, bensì di un “sistema”.
La corruzione di chi sta al potere non è tema di oggi, e non è tema che interessi solamente la Sardegna o l’Italia. Basti pensare a chi, nobile nelle origini, ancora ha qualche reminiscenza della visione patrimoniale dello Stato propria della monarchia.
La stessa ONU (Organizzazione delle Nazioni Unite), in maniera vagamente ipocrita e manichea, pone la corruzione quale grande elemento negativo nello sviluppo dei popoli e delle loro organizzazioni statuali. La verità è che il fenomeno “corruzione” attiene al rapporto tra economia, classi dirigenti, costruzione dello stato e partecipazione popolare. A seconda di come questi elementi si incontrano e si relazionano storicamente vi è un determinato utilizzo delle risorse pubbliche e del potere acquisito.
All’inizio dell’età repubblicana Alcide de Gasperi, padre della costituzione e democristiano, possedeva solamente una modesta casetta a Sella di Valsugana. Berlinguer, a capo del più importante partito comunista dell’occidente capitalista, non è mai stato sfiorato dall’idea di avere dei privilegi personali per via della propria posizione. E gli esempi potrebbero essere migliaia.
Oggi la questione morale, in Sardegna e Italia, esiste. Chi lo nega fa lo struzzo. Servono atteggiamenti coerenti, che pongano l’interesse dei sardi, e di ogni popolo, davanti all’interesse personale e dei cosiddetti partiti. È il primo passo, al quale deve seguire una analisi profonda delle ragioni della mancanza di una classe dirigente nello stato italiano, che da poco ha festeggiato i 150 anni, e di come la Sardegna non può certo prendere ad esempio ciò che accade oltre Tirreno.
Altrimenti insieme a tanti singoli affonda la politica, che è l’unico mezzo per i subalterni per migliorare la propria condizione di vita.
La politica è morta, viva la politica!