Tex a colori e no
Color Tex 4
Color Tex esce ogni sei mesi: quello estivo non era male, anche se non indimenticabile, e non ho ricordi straordinari dei precedenti. Questo, invece, secondo me è notevole.
La formula abituale – una storia simile a quelle della serie mensile, però a colori – è stata completamente rivoluzionata. In 132 pagine ci sono quattro brevi storie a cura di ciascuno dei quattro sceneggiatori principali della serie (Ruju, Faraci, Boselli e Manfredi), ciascuno accoppiato a un disegnatore diverso.
Cambiano anche la copertinista (e Laura Zuccheri, di cui vedete la prova qui sopra a sinistra, mi piace davvero molto) e se non sbaglio anche lo staff che segue la colorazione, che muta radicalmente rispetto al solito e a quanto visto su Repubblica. Due delle storie sono a cura di Oscar Celestini e due dello studio Overdrive: mi piacciono entrambi, e devo dire che non saprei quale scegliere, nel senso che dopo la seconda storia ho deciso che mi piaceva di più l’Overdrive e dopo la seconda coppia invece ho preferito la resa dei colori di Celestini: il che vuol dire, probabilmente, che ci sono stili di colorazione più adatti a un certo tipo di disegno o di storia – o che i miei gusti sono ondivaghi.
Le storie sono ovviamente piuttosto brevi e puntano tutte in qualche modo a presentare una narrazione compatta e pienamente conclusa in sé stessa; spesso si fa ricorso a un effettaccio o a un colpo di scena conclusivo e abbondano i temi “classici” del western e le situazioni stereotipate: la diligenza col suo carico di varia umanità, la fuga nel deserto, il tesoro nascosto, il bounty killer, il duello sulla Main Street. Faraci, nella prima storia che ho trovato un po’ inferiore alle altre, sceglie la strada vera e propria del divertissement; gli altri invece scelgono più il tono dell’omaggio, non lezioso però, al personaggio e all’ambientazione e vedo in questo quello che secondo me è il punto centrale del volume: Tex dimostra una grande duttilità, adattandosi perfettamente alla gamma vastissima di situazioni proposte e portando in ciascuna il suo peculiare mix di superomismo e umanità. Lo so che sembra una contraddizione, ma solo gli “eroi” possono essere allo stesso tempo molto umani e più grandi della vita: nei tre racconti di Ruju, Boselli e Manfredi – quest’ultimo il migliore, secondo me – Tex recupera la sua cifra originale di eroe come pensata da Bonelli padre, aggiungendo come protagonista quel “qualcosa in più” indefinito eppure precisissimo alle situazioni tipiche del western presentate. È stata in questa senso una lettura molto interessante e alla fine del volumetto mi sono detto, parafrasando il titolo di un saggio su Tex uscito di recente, che è vero: come Tex nessuno mai.
Aggiungo altre due brevi osservazioni: se Color Tex dimostra la forza del personaggio Tex, dimostra anche come il western possa continuare a essere un genere vitale, capace di proporre situazioni diversificate e anche di aprirsi a contaminazioni: Boselli nella storia conclusiva (anche questa molto buona) recupera addirittura elementi fantasy e onirici.
La seconda osservazione riguarda il fatto che le quattro storie, anche se costrette in una trentina di pagine ciascuna, sono tutte molto “concluse” ed efficaci: il che, per contrasto, aumenta la perplessità sulla collana delle Storie Bonelli, molte delle quali riescono a dare un’impressione di incompletezza o di fragilità sebbene abbiano a disposizione il triplo dello spazio. E mi sono chiesto se il problema non sia proprio nella durata: in trenta pagine i quattro sceneggiatori di Color Tex riescono a mettere a segno quasi sempre il colpo del KO; con più pagine da riempire molti degli sceneggiatori delle Storie si perdono: forse se dovessero esprimersi su meno pagine, diciamo le 48 del formato originale di Un uomo, un’avventura o magari diciamo 60 pagine, i risultati sarebbero, paradossalmente, migliori (è un’opinione da esterno: magari in questo momento un vero sceneggiatore sta leggendo le frasi qui sopra e ridendo a crepapelle, ma non credo). Certo poi avrebbe dovuto essere una collana diversa, ma questo è un altro discorso.
I nemici di Tex
Ho cominciato a leggere Tex da ragazzino. Ricordo benissimo che una delle cose che mi piacevano di più era l’indugiare di Gianluigi Bonelli sugli avversari di Tex: non solo sul loro complottare e pianificare, ma anche proprio sulle loro vicende. Ricordo ancora adesso, a quasi quarant’anni di distanza, che in una famosa storia in cui Tex e Carson scortano una carovana di pionieri a un certo punto i due gruppi principali di cattivi si affrontano gli uni gli altri, con un attacco dei cheyenne a un trading post. Una scena molto avventurosa, piena di azione, che mi piaceva moltissimo e che devo avere riletto più e più volte sebbene Tex non vi comparisse mai. Lo stesso potrei dire per le azioni del gruppo di cospiratori che riesce a mandare Tex a spaccare pietre a Yuma o per le vicissitudini nella palude del braccio destro di Lucero (sono tutte storie dello stesso periodo, credo).
In parte mettere al centro dell’azione gli antagonisti permette allo sceneggiatore di proporre scene drammatiche, come l’attacco al trading post, senza avere il bisogno di moltiplicare oltre il credibile le avventure di Tex, ma facendole vivere ai comprimari. In parte serve a rendere più avvincente il confronto: quando l’apache di Lucero attacca Tiger Jack nella palude, dopo una lunga serie di pericoli superati, la sua dimensione di avversario abile è stata stabilita defintivamente e il confronto al coltello fra i due, fra sabbie mobili e liane pendenti, è per il lettore più incerto e interessante.
Ad ogni modo, questa caratteristica delle avventure classiche di Tex mi è sempre piaciuta molto, e nello svolgimento normale delle storie più recenti mi era molto mancata. Mi sembra che Mauro Boselli, il nuovo sceneggiatore principale del personaggio, si trovi molto a suo agio coi comprimari, sia alleati che avversari, e questo è uno dei motivi per cui sto apprezzando particolarmente la saga attualmente in edicola, in cui Tex e i suoi pard si muovono in mezzo a una vera folla di personaggi secondari, fra i quali un paio di avversari abbastanza ben caratterizzati.
O meglio: il secondo albo della serie, Tiratori scelti, mi sembra un po’ inferiore al primo e non solo perché alcuni snodi della trama sfidano l’incredulità del lettore: c’è uno strano piano per arruolare un gruppo di soldati scelti, piano che si rivela inconsistente, e c’è un gruppo di soldati che dovrebbero essere i migliori di tutto l’esercito degli Stati Uniti e di cui in realtà Tex si libera con relativa facilità. Ma soprattutto anche se continuano a occupare prepotentemente la scena i comprimari, soprattutto quelli del campo dei cattivi, perdono consistenza e cadono un pochino nella macchietta, il che, date le premesse, è davvero un peccato. Spero che il mese prossimo Boselli non mi deluda facendomi scoprire che il texano arruolato da El Supremo è in realtà un ranger infiltrato, cosa che aprirebbe più buchi nella trama di una scarica di lupara, ma ho davvero un cattivo presentimento.