Giochi che dicono qualcosa
Il tema dell’uso del gioco come strumento educativo o per esprimere opinioni è stato dibattuto in molte forme (anche su questo blog). Trovo oggi un breve articolo che riferisce del lavoro su questo tema che fa Brenda Brathwaite Romero, un’artista e inventrice di giochi, un lavoro che mi pare interessante e un articolo che offre molti spunti di riflessione. L‘articolo originale è stato pubblicato su Wired, da cui prendo anche la foto.
Giocare questo gioco di società è dolorosissimo. È fatto così apposta
di Chris Baker
All’inizio il gioco da tavolo Trains [cioè Treni, NdRufus] sembra abbastanza banale: i giocatori devono riempire una carrozza ferroviaria piena zeppa di pedine e farla viaggiare fino all’altro lato del tavoliere. Ben presto, però, essi scoprono che le destinazioni sono campi di concentramento e le pedine ebrei. L’ultima pagina delle regole è addirittura stilata su una vecchia macchina da scrivere nazista. Non è proprio come Coloni di Catan.
Trains non è qualcosa che si trova sugli scaffali dei negozi. È un pezzo unico scrupolosamente dipinto a mano e testato nell’arco di diversi anni da una veterana dell’invenzione di giochi, Brenda Romero. Ha costruito Trains nel 2009 come parte del suo progetto La meccanica è il messaggio, che descrive alcuni dei momenti più bui della storia. «I giochi ci possono portare dentro gli argomenti; ci possono rendere partecipanti», dice Romero, che dirige il programma di laurea magistrale sui giochi e i mezzi di comunicazione giocabili all’Università della California a Santa Cruz. «Ma gli inventori di giochi possono davvero catturare difficili emozioni nello stesso modo con cui lo fanno la musica e il cinema e la fotografia? Non in un istante, ma nelle stesse meccaniche [di gioco, NdRufus]?». La maggior parte dei giocatori delle partite di prova hanno scelto di smettere di giocare dopo la scoperta. Alcuni hanno provato a liberare le pedine del gioco. Molti hanno pianto.
Altri giochi della serie di Romero affrontano argomenti altrettanto difficili. The New World [Il mondo nuovo, NdRufus] pone i giocatori nei panni nella posizione di mercanti di schiavi che tentano di superare la tratta di mezzo [la parte di viaggio dei mercantili che trasportavano gli schiavi che andava dall’Africa all’America, NdRufus]. Il prossimo One falls for each of us [Uno cade per ciascuno di noi, NdRufus] rimette in scena la Pista delle lacrime [il riferimento è al trasferimento forzato dei nativi americani dalle terre che legittimamente occupavano negli anni ’30 del XIX secolo, NdRufus] con 50 000 pedine dipinte a mano che rappresentano i nativi americani forzati a intraprendere la marcia della morte nel 1800 (Romero ne ha dipinto 30 000 sinora: insiste a fare tutto da sola). «Sentiamo parlare del numero folle di persone coinvolte, ma è difficile da visualizzare», dice. «Le persone mi dicono: «Perché non hai una pedina che rappresenta dieci persone?», no, fanculo, lo devi vedere com’era veramente». Spostare i pezzi di gioco sarà infinitamente più difficile che far transitare una pedina di ferro oltre Parco della Vittoria, ed è questo il punto.
Qui finisce l’articolo. Per chi vuole approfondire e parla l’inglese, questa è una conferenza di Brenda Romano (qui riferita come Brenda Brathwaite, il nome da nubile) in cui presenta One falls for each of us e che ho trovato su Youtube:
Ringrazio molto Francesco Rugerfred Sedda per avermi segnalato una quantità di refusi nell’articolo. A Francesco devo anche l’indicazione di un talk di Brenda Brathwaite su TED dedicato a The New World che posterò appena scopro come… perdonate il neologismo, embeddarlo.
Una cosa che potrebbe essere completamente sbagliata e fuori luogo, ma è un pensiero che mi viene in mente; inoltre mi sono documentato solo attraverso Wikipedia, e non sono neppure sicuro di interpretare in maniera corretta l’espressione “legittimamente occupavano”.
Il pensiero è questo: che dichiarare qualcosa “legittimo” e’ un passo che rende poi piu’ semplice dichiararlo “illegittimo” e quindi eliminarlo.
Ma magari sragiono.
No, io credo di avere capito e posso anche essere d’accordo.