La globalizzazione di Vinoba
Sto leggendo una raccolta di scritti di Gandhi su Villaggio e autonomia. Si tratta di una discreta sintesi del pensiero di Gandhi sul futuro economico e poitico dell’India e in particolare delle sue enormi masse rurali, per le quali Gandhi proponeva quella che oggi chiameremmo devolution, cioè in pratica una federazione di villaggi locali, collegati per avere in comune certi servizi (scuole) troppo onerosi per un singolo villaggio ma per il resto autonomi.
Questo lo sapevo… quello che mi ha fatto sobbalzare è un testo di Vinoba, allievo di Gandhi, posto a prefazione. Ve lo riporto integralmente, poi faccio qualche commento, ma tenete presente che è un testo di quasi cinquant’anni fa:
Nella comunità futura, avremo soltanto due cose: il villaggio e il mondo. Ci potranno essere i nomi degli stati sulle carte geografiche, ma in realtà non ci sarà più alcun intermediario fra il mondo e il villaggio.
[Perdinci! – penso io – ma questa è la globalizzazione! Esatta esatta, annunciata decenni prima. E Vinoba continua…]
Tutta l’autorità per la parte materiale della vita risiederà nel villaggio. Il villaggio avrà il potere di ordinare la propria vita. Il potere di una crescita morale risiederà nei centri più evoluti del mondo. I distretti e gli stati saranno solamente gli esecutori della volontà dei villaggi. Così avremo il villaggio alla base e l’autorità del mondo nei centri migliori. L’umanità sarà organizzata sulla base di piccole comunità di villaggio…
e prosegue con alcune note sull’economia cooperativa di villaggio, che vi risparmio.
L’ho trovato veramente fulminante. Ho fatto questa riflessione: la profezia di Vinoba si è avverata, ma… al contrario.
Laddove Vinoba ipotizzava “l’autorità materiale” nel villaggio e “l’autorità morale” nei grandi centri di elaborazione del pensiero (credo avesse in mente l’ONU e le altre grandi organizzazioni sovranazionali) noi oggi abbiamo che in pochi centri mondiali (diciamo le multinazionali) vengono decise le linee di sviluppo materiale, mentre nei villaggi (diciamo nei centri di potere locale) la resistenza è affidata a una eleborazione di pensieri morali e culturali particolari.
E mi è venuto da pensare che la distorsione della globalizzazione sta tutta qui.