Compiti adatti ai bambini
Tempo fa girava su Facebook questa immagine
che riporta piccoli lavoretti per la casa che possono essere affidati ai bambini a seconda della loro età.
L’avevo messa da parte per tradurla, pensando che potesse essere utile a qualcuno, ma oggi prima di mettermi al lavoro ho esitato. Dopotutto, che ne so io che questi lavoretti siano veramente adatti ai bambini? Su Faceboook veniva propagata da una pagina americana dedicata a Maria Montessori, ma in realtà non c’è nessuna garanzia che sia un elenco basato sul lavoro della grande educatrice (in effetti, non lo è). Così ho deciso di fare un po’ di ricerche.
Mi si è aperto un mondo.
Sulla differenza fra competenze e life skill
Intanto, pare che il tema di quali lavoretti assegnare ai bambini rifletta una preoccupazione educativa diffusa. Avendo nipoti e figliocci molto ben educate ed educati, ma trattati in maniera piuttosto rilassata, non avevo mai supposto che l’argomento fosse un tale caposaldo dell’arte della genitorialità. Invece esistono grafici appositamente predisposti in commercio, santo cielo (evidentemente una tabellina su foglio protocollo non è considerata sufficiente) e blog su blog di genitori felici che condividono il segreto della loro particolare lista di compiti: un genere vero e proprio, amici miei.
Vale la pena, magari, di ricordare il capitolo del libro di Levitt in cui illustra il rapporto fra attività dei genitori e successo scolastico dei figli. I risultati delle sue ricerche sono abbastanza deprimenti: la maggior parte delle strategie dei genitori sono ininfluenti (diciamo: portare i figli ai musei, leggergli libri…) mentre contano il loro reddito e il livello d’istruzione. Il che suggerisce che il possesso di un approccio alla vita positivo e di quelli che si chiamano life skill (ambizione, senso critico, capacità di organizzarsi, saper comunicare) siano legati a valori appresi in senso generale dalla famiglia e non legati a specifici addestramenti, tipo avere una tabellina che ti ricorda che ti devi lavare i denti ogni sera o portare la spazzatura tutti i venerdì, fermo restando che a un bambino non abituato a lavarsi i denti probabilmente verrà la carie e uno che non ha mai messo piede in cucina avrà problemi a farsi un uovo fritto quando si trova a casa da solo – ma il suo approccio alla vita sarà sempre qualcosa di più della somma dei vari addestramenti spiccioli ricevuti, il che naturalmente induce a non prendere tutti questi elenchi di lavoretti come un metro di giudizio della propria capacità di genitori.
In generale il tutto conferma una cosa che penso da tempo: che quando una prassi sociale consolidata e “spontanea” crolla, per rimetterla in sesto occorre uno sforzo tecnologico molto più complesso e dispendioso. Se l’aiuto spontaneo fra vicini viene meno, per rimetterlo in auge occorre inventarsi la banca del tempo, gestirla in maniera organizzata, inventare conti correnti in cui si depositano e si prelevano ore-aiuto, creare una segreteria, fare incontri di presentazione e formazione e così via; se poteva essere un’abitudine lasciare i bambini alla signora del terzo piano mentre si va a fare la spesa poi occorre inventarsi gli asili di condominio e così via. Le tabelle dei lavoretti rientrano in questa categoria di supporti tecnologici per prassi venute meno.
La famiglia Flanders
Il passo successivo della mia ricerca mi ha portato a una nuova scoperta.
Sono andato a vedermi il link che rivendicava il copyright dell’elenco che volevo tradurre, e ho trovato la famiglia Flanders.
Loro.
Padre, madre e quattordici figli (in realtà la famiglia è più numerosa, perché il figlio maggiore a 24 anni ha già tre figli). La famiglia Flanders.
I Flanders sono una famiglia americana di confessione battista che gestiscono un sito web dal contenuto ambivalente. Non è esplicitamente propagandistico né tanto meno volto all’evangelizzazione, piuttosto serve “semplicemente” a raccontare come loro gestiscono la loro famiglia, per tutte quelle persone che, soprattutto a Tyler, la città in cui vivono, vogliono sapere come fanno questo e come fanno quello. D’altra parte nel momento in cui raccontano come gestiscono la famiglia la loro fede, i loro valori e le loro credenze (sono tre cose differenti, ovviamente) emergono con enorme evidenza. Parliamo di gente che come abbecedario non usa “a come ape”, “b come bambino” e così via, ma un libretto autoprodotto con elenco di versetti biblici per ogni lettera dell’alfabeto (se ve lo state chiedendo, la Z è rappresentata da «lo Zelo per la tua casa mi divora»). Chi vuole scaricare il libretto per giocare con l’alfabeto insieme con i propri bambini lo trova gentilmente messo a disposizione. Lo trovate dopo la sezione in cui elencano i ristoranti di Tyler in cui ci sono le promozioni per le quali i bambini mangiano gratis, perché le famiglie numerose devono abituarsi a risparmiare (immagino che dopo la prima visita dei Flanders e dei loro dodici figli i ristoratori abbiano cambiato prontamente il genere di campagna promozionale).
Devo dire che anche i miei sentimenti nei confronti dei Flanders sono ambivalenti, a parte il fatto base che sono dei fratelli nella fede. Il loro approccio alla vita è tradizionale, per non dire direttamente conservatore: per esempio Doug lavora e Jennifer cura la famiglia; anche il figlio maggiore lavora, mentre anche sua moglie fa la casalinga. Tutti i ragazzi sono stati educati a casa, da privatisti, per preservarli da visioni non gradite alla famiglia e da cattive influenze. E così via. Jennifer ha scritto due libri di consigli familiari per spose cristiane che somigliano in maniera sospetta al tipo di pubblicistica che sta prendendo piede anche in Italia, sul genere di Sposati e sii sottomessa.
Però la pagina Our beliefs, “ciò in cui crediamo”, è del tutto condivisibile. Soprattutto sul sito non trovo traccia di rapporto conflittuale con la realtà e la modernità. Perfino il metodo educativo, fatta la tara a quel tanto di nazismo necessario a gestire una famiglia di più di due dozzine di persone e quel tanto di acqua calda in salsa americana che è tipica di un certo tipo di pedagogia, non mi suscita grandi obiezioni e l’approccio al cristianesimo, per quel che si capisce dal sito, è certamente un po’ moralista ma apparentemente non oppressivo.
Devo dirlo? Trovo i Flanders molto simpatici. E sorpresa sorpresa, sul loro sito trovo l’elenco dei lavoretti per i bambini già tradotto in italiano. Che volere di più?
Io vengo da una famiglia numerosa (6 figlii) in cui però mia mamma lavorava, il migliore cuoco era il terzo fratello e mia sorella minore riparava le forature delle bici.
Ma la prima impressione vedendo la foto qui sopra è “se fan tutti così siamo spacciati per sovrappopolazione nel giro di una generazione”. E l’idea di vivere tutto secondo i dettami biblici mi spaventa parecchio, non oso pensare come debba vivere un eventuale figlio ateo.
Sul resto sono d’accordo. Stiamo faticosamente reinventando una serie di cose che 50 anni fa erano cultura diffusa: non solo la socialità spicciola, ma anche la capacità di gestire piccole emergenze, di fare riparazioni, di autoprodurre tante cose. E ricostruire una cultura è faticoso, difficile.
Sono passati 5 anni da questo commento ed è chiaro oggi più che mai che sarà grazie a questi coraggiosi che un paese come l’italia domani esisterà ancora. Dopo la sconcertante informazione che dal ’78 ad oggi ci sono 6 mln di bambini non nati solo in italia e che l’Europa è in forte crisi demografica, ma che soprattutto agli altri paesi del mondo non gliene frega un cavolo della sovrappopolazione e che sulla Terra con l’attuale dispendio di energie e cibo potremmo cmq arrivare a 20 mlrd di abitanti e poi trovarci a dover correre ai ripari, per un più serio e ben calcolato uso delle risorse alimentari e di acqua. ben venga l’uso della Bibbia come forma di indottrinamento, perché in essa si trovano insegnamenti come rispetto e amore verso il prossimo (nemico compreso). L’ateismo non fa che portare con se una finta libertà assoggettata al misticismo e alla cultura locale che cmq è fortemente apatica e a lungo andare volta all’auto distruzione.