Ho esplorato DeoSpace, social network cattolico
Mentre cercavo una versione digitale del decreto Inter Mirifica del Concilio Vaticano II mi sono imbattuto in una serie di agenzie di stampa di fine marzo che annunciavano l’inaugurazione di un social network cattolico, di nome DeoSpace. Incuriosito ho seguito il link e mi sono iscritto, vagabondandoci un po’ dentro. È stata una sperimentazione molto breve, sinora, però penso che alcune osservazioni possano essere interessanti. La versione breve può essere limitata a due parole – un pasticcio – mentre quella lunga richiede un po’ di argomentazioni.
Da un punto di vista tecnico
La registrazione
Si accede a DeoSpace dopo una breve fase di registrazione e il consueto invito a coinvolgere altri utenti dando accesso alla propria casella di posta e ai contatti di altri social network (in alternativa si può accedere con un account di Facebook o Twitter). Le informazioni richieste sono scarne (sesso, data di nascita, religione, città, sito web e identità di Facebook e Twitter). Non sono richieste informazioni sugli studi né sul lavoro e ho trovato piuttosto curiosa la voce sulla religione – dopotutto dovrebbe essere un social cattolico, quindi la religione potrebbe anche essere presupposta – soprattutto perché non solo non sono previste sottocategorie, che so, sull’impegno pastorale – catechista, sacerdote… – ma nemmeno la possibilità di presentarsi in maniera più dettagliata.
Dopo la registrazione
All’ingresso DeoSpace offre una bacheca analoga a quella di Facebook, anche se un po’ più naif. Al centro gli aggiornamenti dei propri contatti – la mia bacheca è desolatamente vuota, perché io ancora non ho contatti, ma su questo torneremo – e ai lati una serie di funzioni: a sinistra l’elenco degli utenti online, gli iscritti recenti e le persone che potresti conoscere, oltre che i comandi per la gestione o modifica del proprio profilo; a destra la presentazione dei due prelati americani a cui si deve ufficialmente l’iniziativa, il cardinale Oscar Rodriguez e il vescovo Kevin Farrell, i tweet di Papa Francesco e dell’agenzia di stampa vaticana, gli eventi prossimi – di tutta la rete, non quelli personali – e una serie di suggerimenti di gruppi, eventi o album fotografici da visitare. Non sembra che nessuna di queste parti sia personalizzabile o che possa essere ridotta, il che rende la pagina un po’ ingombrante, o aggressiva: d’altra parte, anche quella di Facebook è piuttosto zeppa di cose, quindi forse quella di DeoSpace non fa una grande impressione semplicemente perché la grafica è un po’ più poverella o perché sono meno abituato.
La somiglianza con Facebook è ancora più evidente se si entra in un profilo personale, come quello di questa signora che, bontà sua, appena mi sono iscritto mi ha mandato un poke
La differenza principale con Facebook è la presenza di un menù di navigazione piuttosto evidente. Se lì esistono solo due possibilità, la home e il profilo personale (al limite tre se si contano le caselle delle notifiche) qui le possibilità sono moltepliciQuella più interessante, e più caratteristica, sembra essere la spirituality board, che è sostanzialmente una collezione di articoli (le “note” di Facebook) postate dagli utenti e divise in categorie abbastanza rigide: il Papa e i vescovi, i santi, la Bibbia, la Madonna, nostro Signore oppure “miscellanea” – in ogni caso qualcosa di “spirituale”, qualunque cosa questo voglia dire. All’interno di ogni board il proprietario può postare degli articoli con foto (pin). La cosa non è proprio di navigazione facilissima anche perché diversi utenti, evidentemente anche loro confusi, hanno pensato bene di intitolare le loro board con le stesse categorie, rendendo ogni ricerca piuttosto caotica.
Molte delle altre voci del menù riportano a aree del network – chatroom, gruppi, eventi, video – trasversali rispetto a quella che sembrerebbe essere l’impostazione primaria del social, cioè una collezione di profili personali, mentre altre come la funzione di ricerca degli utenti o la pagina about non sembrano essere così importanti da meritare uno spazio apposito nel menù. In questo senso DeoSpace sembra essere una sorta di incrocio fra Facebook e i vecchi forum, una combinazione che non mi sembra modernissima e che genera una serie di apparenti sovrapposizioni – per esempio fra board, gruppi e album fotografici – che tendono a rendere faticosa la navigazione. Detto in altri termini, DeoSpace sembra di essere ricco di opzioni ridondanti e tali da generare confusione, ridondanti non perché si voglia consentire all’utente di arrivare a ciò che desidera per percorsi differenti, ma perché in fase di progettazione non si è “asciugata” sufficientemente l’architettura della rete.
Da un punto di vista operativo
Un alto costo d’ingresso
Questa difficoltà a capire dove si è arrivati e cosa si deve fare rende l’esperienza iniziale di navigazione su DeoSpace piuttosto poco soddisfacente.
Si potrebbe dire, naturalmente, che la cosa dipende dal fatto che si tratta di un social ancora molto poco popolato (io sono più o meno il duemilacinquecentesimo utente), il che rende il tutto ancora un po’ appeso per aria: per dire, io non conosco nessuno degli utenti, italiani non ce ne sono molti, non ho voglia di mettermi a fare amicizia con sconosciuti, il materiale pubblicato non è molto interessante e oltretutto per la maggior parte in inglese (DeoSpace è un’iniziativa sostanzialmente statunitense con tre lingue ufficiali: inglese, spagnolo e italiano – peraltro la traduzione italiana è ancora molto rozza).
A cosa mi serve?
Si tratta però di una spiegazione non del tutto soddisfacente, proprio perché non è facile capire il centro attorno a cui ruota DeoSpace. Diciamolo in un altro modo: ogni altro social network si è costruito attorno a un’idea forte: per il Facebook degli inizi erano le foto degli utenti (e il voyeurismo altrui), per Anobii i libri, per LinkedIn i curriculum personali, su Twitter il flusso comunicativo. Persino il ZoES di Banca Etica, per quanto non abbia avuto molto successo, aveva un suo obiettivo: fare vetrina di aziende sostenibili e scambiare buone prassi fra utenti attenti agli stili di consumo.
Non è invece facile capire quale sia l’idea forte di DeoSpace, se non quella di fare un altro Facebook, che però detto così sembrerebbe prefigurare un sicuro fallimento. Tutto DeoSpace sembra un po’ proiettare l’immagine di una comprensione non del tutto completa della realtà della rete e delle relazioni che vi stabiliscono, come di un compito un po’ fatto a tavolino, come se fosse stato fatto dopo la sola lettura di Web 2.0 di padre Spadaro e un po’ di giri su Facebook. Un esempio? Nonostante sia annunciato in maniera molto evidente che sono i fondatori e i garanti del social network sia il cardinal Rodriguez che mons. Farrell hanno dei profili creati a novembre 2013 e sostanzialmente mai aggiornati. Lo stesso vale per Mario Cappello, managing director. È difficile fare reti di relazione sul web senza starci.
Da un punto di vista teologico-pastorale
In realtà un elemento particolarmente caratterizzante ci sarebbe, e cioè la spirituality board. La quale però, anche facendo la tara al fatto che DeoSpace non sembra particolarmente popolato, non è né particolarmente interessante da leggere – c’è troppa enfasi sulla spiritualità personale, e troppe poche notizie – né sembra avere, neanche in prospettiva, la capacità di fornire materiali di utilizzo pastorale immediato che ha una realtà come Qumran.
La spirituality board sembra piuttosto un megafono utilizzabile da tutti mediante il quale gridare: «Sono cristiano!, sono cristiano!» e infatti parlo del Papa e dei santi. Il che, in realtà, non sempre dice effettivamente della mia fede né, peraltro, è sempre un buon modo di testimoniare. È molto rassicurante, questo sì, soprattutto in un contesto sociale in cui si può percepire che i valori in cui si crede sono minacciati e che il discorso religioso cozza contro diffidenze, incomprensioni, travisamenti o puri e semplici attacchi. Vedere tanti altri che invece postano i messaggi di Medjugorie, le foto di padre Pio o di Papa Francesco, il rosario dei bambini o qualunque altra cosa permette di sentirsi meno soli, di pensare di poter opporre numero a numero, potenza a potenza: non a caso una delle foto più citate oggi su Deo Space era di questo genereBasta intendersi: questa non è evangelizzazione (non è neanche molto in linea con un Dio che si fa uomo e si lascia sconfiggere sulla croce, piuttosto che invocare dodici legioni di angeli, ma questo è un altro discorso). L’evangelizzazione richiede l’annuncio del Vangelo a chi non lo conosce, non il rafforzarsi a vicenda fra di noi, lontano dal mondo brutto e cattivo.
Il problema è che DeoSpace, invece, dichiara che vuol fare evangelizzazione:
DeoSpace.com™! Deo for God and Space for cyberspace, the virtual environment/digital continent that is our domain of evangelization. An international Internet infrastructure that reaches out to the world in every major language with the salvific proclamation of Christ and His Church. THE Catholic social network!
C’è una certa contraddizione fra “il continente virtuale che vogliamo evangelizzare” e “IL social nework cattolico”, nell’idea di una “struttura internet che si protende nel mondo” e che riunisce insieme… i soli cattolici.