Il bookcrossing dei cinquant’anni
Quando ho compiuto quarant’anni ho festeggiato facendo un bookcrossing a casa mia.
Adesso che ne ho compiuto cinquanta ho deciso di mantenere la tradizione.
E quindi l’8 giugno 2014, dalle 17, gli amici sono invitati a festeggiare i cinquant’anni del vecchio Rufus sulla terrazza, recentemente rimessa a nuovo.
Per chi non sapesse cos’è un bookcrossing, queste sono le regole:
- Manderò un po’ di inviti e farò delle telefonate, ma se non siete contattati personalmente non offendetevi e sentitevi invitati lo stesso. Tanto, se siete miei amici lo sapete, ecco, e se non mi facesse piacere vedervi non lo scriverei così pubblicamente sul blog: è la festa dei cinquant’anni e mi fa piacere riportare tutto e tutti a casa.
- Non voglio regali. Basta che veniate. Se proprio volete, portate qualcosa da mangiare o da bere, ma non sentitevi obbligati a bussare coi piedi[1]. Più di ogni altra cosa mi fa piacere vedervi.
- Però portatevi un libro. Il libro lo abbandonerete al suo destino appena arrivati alla festa, e in cambio potrete prendervene un altro, portato da qualche altro ospite. Spero di riuscire a fare perfino una sezione bambini (spero…).
- Non sono ammessi scambi diretti: i libri si mettono nel mucchio all’inizio e si prendono dal mucchio alla fine.
- Non comprate apposta il libro da lasciare. Non è necessario. Portate un libro vostro a cui pensate di poter rinunciare. Se poi proprio proprio lo volete davvero comprare perché pensate che è un libro che assolutamente qualcun altro deve leggere e non volete separarvi dalla vostra copia, va bene. Però non è necessario.
- Scusate se dico una cosa magari sgradevole: così come non è necessario portare un libro nuovo, così non svuotatevi la cantina e non portate le annate rilegate di Quattroruote del 1992.
- Se non vi ricordate dove abito, mandatemi una mail o cercatemi su Facebook.
- Chi può porti una macchina fotografica e faccia foto, molte foto, da pubblicare dove gli pare e quando gli pare, basta che le pubblichi. Quando sarò vecchio mi piacerà riguardare quelle vecchie foto e pensare quanto ero scemo.
[1] Il riferimento è a una vecchia barzelletta, in Sardegna attribuita ai carlofortini, chissà perché…
Un carlofortino invita un amico a cena e gli spiega come arrivare a casa.
«È quella col cancello verde», gli dice. «Il cancello è solo accostato, lo spingi col piede e si apre. Poi c’è un vialetto e può darsi che in mezzo ci sia il secchio con le ramaglie appena tagliate: scostalo col piede, non ti preoccupare, e prosegui. Fatto tutto il vialetto ci sono tre gradini e poi la porta di casa. Sui gradini magari c’è il gatto che dorme, ma tu fai un po’ di rumore col piede e vedrai che se ne va. Il campanello è rotto ma tu dai un paio di colpi alla porta col piede, io ti sento e ti vengo ad aprire».
«Ma scusa: aprire il cancello col piede, spostare il secchio col piede, bussare col piede… Ma perché devo fare tutto coi piedi?!»
«Eh! Non vorrai mica venire a mani vuote?!».
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