Casomai
Ingannevolmente presentato come commedia, Casomai è un film che, secondo chi si trova tra il pubblico, può benissimo prendere alla gola e causare un’angoscia indicibile; vi si racconta, infatti, come i meccanismi della vita quotidiana possano letteralmente stroncare anche l’amore più sincero.
Nella prima mezzora si ride abbastanza, e ci si riconosce nelle difficoltà delle coppie giovani che preparano il matrimonio. Nella seconda mezzora si ride moooolto meno, e ci si riconosce nelle
difficoltà delle coppie giovani dopo il matrimonio; dopodiché se è scattata l’identificazione il meccanismo a orologeria con cui è costruito il film soffoca non solo i protagonisti ma anche il
pubblico. Finale solo in apparenza rassicurante, direi.
D’Alatri racconta con freddezza, severità e passione; brava la Rocca, perfetto Fabio Volo.
Mi ha colpito un raffronto con L’ultimo bacio: se alcune tematiche di fondo sono le stesse, Casomai si presenta, certamente per caso, come un controcanto continuo al film di Muccino; Milano e Roma, borghesia tradizionale di Prati e precariato della new economy… soprattutto quello che in L’ultimo bacio era etereo, mistico, straordinario (l’angelo biondo diciottenne bello come un sogno, il viaggio in India) è qui diventato concreto, reale e quotidiano: il lavoro, i figli, il tempo libero, i genitori.
Venendo alle note: questo film è il film che l’Osservatore Romano dovrebbe recensire, o anche il film che probabilmente diventerà un classico proiettato in tute le parrocchie (come negli anni ’80 si
cantava Dio è morto). Detto in altri modi, mi gioco quello che volete che il giudizio sintetico di Famiglia Cristiana sarà “discutibile/dibattiti”.
Bellocchio parla di un tema che è oggi largamente insignificante nella vita della Chiesa: ci sono pagine e pagine del Concilio Vaticano II dedicate al rapporto con l’ateismo, ma sono pagine che nessuno
legge più (per non dire del fatto che l’ateo, inteso come persona che si pone sul serio il problema religioso e si da una risposta negativa) è oggi una mosca bianca diecimila volte più rara dei credenti (cioè di chi si pone il problema religioso sul serio e si dà una risposta positiva).
Invece D’Alatri tocca un tema bruciante per la coscienza dei cattolici, e lo fa mettendo in scena direttamente almeno un personaggio che si interroga sul matrimonio “da cristiano”, e che con tutta chiarezza ha anche lui le idee confuse come tutti (anzi forse più di tutti).
Purtroppo, il finale “aperto” in questo senso è un difetto: permetterà a chi non vuol vedere di trovarvi in ogni caso un “messaggio positivo” (ne ho già sentito uno stasera) e sufficientemente consolatorio da salvarsi la coscienza.
Su it.arti.cinema (familiarmente noto come IACine) a maggio 2002. Il riferimento a Bellocchio riguarda il fatto che il suo L’ora di religione era stato recensito ( o non recensito, non ricordo più) su L’Osservatore Romano e la cosa era stata discussa sul gruppo. Anche il riferimento a Dio è morto era stato fatto nelle stesse discussioni.
Sull’ateismo, in tempi di fulgore dell’UARR, si potrebbe pensare che io sia stato cattivo profeta. In realtà mi sentirei in grado di confermare la mia posizione, ma forse una nota a margine a un film che parla d’altro non è il luogo adatto dove argomentare 😉