Pubblicatevi da soli (uhm…)
Mi è capitato l’altro giorno sotto gli occhi un breve articolo di Laura Hazard Owen che segnala che nel 2013 la quota di mercato degli e-book negli Stati Uniti è ulteriormente cresciuta (del 10% circa, fino a più o meno 512 milioni di copie), anche se i ricavi per gli editori si sono marginalmente ridotti, il che suggerisce una caduta del prezzo per singola copia:
I dati, che sono riportati identici su un sacco di atri siti, sono tratti dal volume BookStats pubblicato dall’associazione degli editori americani, corrispondono grosso modo alle tendenze del mercato editoriale inglese e di altri. La crescita della diffusione di e-book continua con incrementi percentuali in doppia cifra anche se ci sono segni che il mercato si avvii a una certa maturità (cioè stabilità) in termini di valore. Va notato, prima che si faccia confusione, che le statistiche ufficiali indicano che sia in America che in Inghilterra le vendite di libri di carta sorpassano ancora abbondantemente quelle di libri digitali (un po’ di confusione può nascere dalla notizia che ormai le vendite totali via web superano quelle nei negozi fisici, ma questa ovviamente è una cosa diversa).
Incuriosito, mi sono preso un po’ di tempo per ulteriori ricerche e mi sono imbattuto in un interessante articolo su Publishing Technology che sviluppa il tema in maniera per me sorprendente (magari voi sapevate già tutto).
Il tema è che in realtà tutte queste statistiche, per quanto ben fatte siano, hanno due difetti. Il primo è che si tratta di analisi aggregate, cioè analisi che prendono, tipicamente, tutti i libri venduti e pubblicati, senza notare particolarmente le loro specificità.
La seconda è che tipicamente si tratta di dati contraddittori. O meglio: sono dati di parte, segnalati dagli editori. Nel caso degli e-book, però sarebbe cruciale confrontarli con quelli dei venditori, i quali invece non amano particolarmente la trasparenza e si tengono ben stretti i propri dati. I dati di vendita sono perciò sommatoria di fonti disparate e mancano di una dimensione di verifica e controllo che sarebbe fondamentale.
La cosa è tanto più rilevante in quanto una parte che non è facile stimare delle vendite di e-book si riferisce a libri autopubblicati, i quali per definizione non hanno un editore e che perciò non vengono dichiarati da nessuno e possono sfuggire alle statistiche (naturalmente, se i venditori come Amazon dichiarassero le vendite con esattezza questa dimensione potrebbe essere calcolata con esattezza).
Già questo ragionamento mi sembrava interessante, ma l’articolo va oltre, dando conto del lavoro di Hugh Howey, uno scrittore americano il quale si è preso i dati di vendita su Amazon dei 2 500 principali best seller dei generi giallo, fantasy/fantascienza e sentimentale (deducendoli dal sito, non da statistiche interne di Amazon), ed ha provato a calcolare il relativo guadagno dei colleghi (il sito che ospita questo lavoro si chiama Author Earnings, cioè “guadagni d’autore”, e sembra legato a spinte, diciamo, sindacali: condividere le informazioni per avere più forza contrattuale nei confronti di editori e venditori).
Ci sono molte critiche possibili al lavoro di Howey, per esempio si limita solo ad Amazon, i dati sono grezzotti, alcune conclusioni si basano in parte su dichiarazioni da parte degli autori indipendenti che non sono verificabili, però comunque sono molto suggestivi.
Il punto di partenza è duplice:
Fra i best seller venduti giornalmente in questi tre generi di larga diffusione, gli e-book dominano in maniera impressionante (naturalmente questo vuol dire che la loro vendita, per converso, è minima in altri settori, mi immagino per esempio fra i libri di scuola e di studio). Anche ammettendo che questo sia legato al rapporto fra Amazon e Kindle e che nel totale degli attori di vendita le cose possano essere differenti, è un dato straordinario.
L’altro elemento sorprendente è la quota di libri autopubblicati presente fra tutti questi e-book venduti su Amazon. Siamo sopra le copie vendute dai cinque maggiori editori mondiali:Anche qui si può obiettare che la cosa dipenda dal fatto che Amazon ha impostato una parte della sua strategia commerciale in modo da favorire questo tipo di parcellizzazione dei venditori, ma comunque è un dato molto molto interessante (e che mette in altra luce la contesa con Hachette).
Come i più attenti di voi avranno già immaginato, questa non è tutta la storia. Se si guarda il valore delle vendite i libri delle grandi case editrici fanno ancora la parte del leone (per la grafica vi rimando all’articolo originale). Vuol dire che i libri autopubblicati sono una miriade ma con un prezzo medio di copertina notevolmente più basso.
Tuttavia le conclusioni di Author Earnings sembrerebbero suggerire che questo possa essere comunque sufficiente per far guadagnare gli autori indipendenti in maniera non troppo dissimile dai loro corrispettivi tradizionali:
Of the authors of the 2,500 bestselling titles examined by Howey, only a handful earned more than $1m a year just from Kindle, but almost 800 earned around $10,000 and 150+ earned in the region of $100,000. Not enough to buy a millionaire’s lifestyle, but a decent living for many nonetheless.
Insomma, fra gli autori dei 2 500 principali best seller sono pochissimi a guadagnare milioni e milioni di dollari, ma ce n’è almeno un migliaio che hanno guadagnato, dal solo Kindle, fra i 10 000 e i 50 000 dollari, che non è tutto sommato malaccio.
L’articolo di Publishing Technology, che consiglio vivamente, prosegue con una serie di obiezioni a cui in parte ho già accennato e per le quali rimando alla lettura dell’originale, però mi pare che certe ipotesi sulle tendenze del mercato si possono fare.