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Il calcio visto dagli altri

Poco prima dell’inizio dei Mondiali L’espresso è uscito con in allegato Splendori e miserie del gioco del calcio, di Eduardo Galeano, e io l’ho comprato.

Nel giornale non c’era nemmeno un articolo degno di nota, ma il libro, davvero, è tutta un’altra cosa.

Splendori e miserie del gioco del calcio (La Biblioteca Repubblica – L’espresso, 2014)

Splendori e miserie del gioco del calcio EspressoSplendori e miserie del gioco del calcio è una raccolta eterogenea di fatti salienti sul gioco del calcio, bozzetti, descrizioni, episodi storici, brevi sintesi di come sono andati i vari campionati del mondo e così via, tutti raccontati in capitoletti slegati fra loro della durata che va da una pagina a non più di quattro o cinque.

Detto così, sembra un po’ il Diario Gol che avevo a sedici anni nel quale, a fianco dell’orario delle lezioni e dello spazio per segnare i compiti c’erano brevi aneddoti sulla storia del calcio.

La differenza, ovviamente, la fa la scrittura di Galeano, che qui non è forse al suo meglio ma riesce comunque a ottenere una dolente sintonia con il gioco, questa meravigliosa invenzione rovinata da affaristi senza scrupoli. L’indignazione è calibrata in misura corretta (cioè c’è raramente, e solo al momento giusto) e rimane invece la simpatia per gli eroi del calcio, in particolare i calciatori, soprattutto quelli poveri dei primi tempi o quelli che nei tempi recenti hanno avuto parabole sfortunate (le pagine dedicate a Maradona, per esempio, suscitano simpatia e comprensione anche a chi, come me, non ha mai particolarmente sopportato il personaggio). La storia del calcio è piena di microstorie e di personaggi memorabili, e Galeano ha buon tocco nel riportarli in vita, accompagnarli per qualche riga e poi abbandonarli.

Il libro si legge in fretta, commuove e diverte e, dopo un po’, stupisce. Perché il lettore europeo si rende conto a un certo punto che i riferimenti sono tutti sbagliati. Dov’è la spiegazione del perché si dice “zona Cesarini”? Chi ha mai sentito dire che il gol segnato direttamente da calcio d’angolo si chiama “olimpico” ed è stato inventato in Uruguay? Perché non c’è Ferraris IV col suo «il calcio non è roba da signorine»? E i sette folletti azzurri che danzarono a Wembley sul tomba del calcio inglese? È incredibile che nelle sei pagine dedicate al Mondiale del ’70 non si faccia cenno a Italia-Germania 4-3 (in realtà c’è, ma solo per ricordare Beckenbauer stoicamente col braccio al collo fino alla fine della partita).

Il punto di vista di Soriano, anche se non trascura affatto la vecchia Europa (fra gli altri ci sono Puskás, Lev Jašin, Beckenbauer, Baggio, Gullit, Platini, Cruyff, Müller e un capitoletto ammirato sul gran gol di Bettega all’Argentina nel 1978) è comunque concentrato sull’America Latina: il che al lettore italiano, probabilmente convinto che il nostro è il campionato più bello del mondo e noi i maestri del calcio, crea un piccolo – e salutare – effetto straniante. Anche per questo il libro si consiglia.

Naturalmente siamo lontani dal realismo magico calcistico di Soriano: non tanto lontani, ma un pochino si. Per fortuna el gordo fa la sua comparsa diretta, nel capitoletto

Gol di Sanfilippo

Caro Eduardo,

voglio raccontarti che l’altro giorno sono andato al supermercato Carrefour, dove un tempo si trovava il campo del San Lorenzo. Ci sono andato con José Sanfilippo, l’eroe della mia infanzia, che fu capocannoniere del San Lorenzo per quattro stagioni di seguito. Stiamo camminando fra i carrelli, attorniati da pentole, formaggi e filze di salsicce. All’improvviso, mentre ci avviciniamo alla cassa, Sanfilippo apre le braccia e mi dice: «Pensa che proprio qui insaccai quel gran tiro di punta a Roma nella partita contro il Boca». Incrocia una signora grassa che spinge un carrello pieno di scatolette, bistecche e verdure e dice: «È stato il gol più rapido della storia».

Concentrato come se stesse aspettando un corner mi racconta: «Dissi al numero cinque, che quel giorno debuttava: appena comincia la partita mandami una palla lunga in area. Non preoccuparti, non ti farò fare brutte figure. Io ero già vecchio e il ragazzino, Capdevilla si chiamava, si spaventò: e se magari non ci riesco…?» E in quel momento Sanfilippo mi indica una pila di barattoli di maionese e grida: «Me la mise qui!» La gente ci guarda, spaventata. «Il pallone arrivò spiovente un po’ dietro ai centrali, scattai ma mi andò a finire un po’ in là, dove adesso c’è il riso, vedi?» e mi segnala lo scomparto in basso, e di colpo si mette a correre come un coniglio malgrado il vestito blu e le scarpe lucidate: «La lasciai rimbalzare e… plum!» Esplode il suo sinistro. Splendori e miserie del gioco del calcio SperlingTutti ci voltiamo a guardare verso la cassa dove trenta e rotti anni orsono c’era la porta e a tutti sembra che il pallone si infili lassù in alto, proprio dove ci sono le pile per la radio e le lamette da barba. Sanfilippo alza le braccia per festeggiare. I clienti e le cassiere si spellano le mani per festeggiare. A momenti mi metto a piangere. El Nene (il Bimbo) Sanfilippo aveva segnato di nuovo quel gol del 1962. L’aveva rifatto solo perché io potessi vederlo.

Se non trovate il libro in edicola sappiate che è stato pubblicato precedentemente da Sperling & Kupfer: non riesco a capire se sia ancora in catalogo, ma probabilmente si può comunque trovare in giro o ordinare.

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3 pensieri riguardo “Il calcio visto dagli altri

  • Io ce l’ho, stampa 1998 e pagine imbrunite, di fianco a un altro “introvabile se non a casa mia”, cioè “La sfida di Flanagan” di Tom McNab. Libro “commerciale” ma scritto da uno che conosce il mestiere.

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