Quel che sapeva Maisie
Quel che sapeva Maisie (What Maisie knew, David Siegel e Scott McGehee, USA 2012)
La storia di una figlia contesa fra due genitori in seguito al fallimento del loro matrimonio è stata ormai vista al cinema più e più volte. Quel che sapeva Maisie affronta però il tema con un paio di sfumature impreviste che catturano lo spettatore: intanto il fatto che oltre un certo punto la competizione acquisti un carattere rocambolesco e paradossale – cerco di non svelare troppo della trama – e poi il fatto che il triangolo papà-bambina-mamma si allarghi a includere i nuovi compagni dei due genitori in un reticolo di relazioni complicate e di (garbati) colpi di scena. Tutto molto pacato, per carità, al ritmo di minuetto: a ogni giro le posizioni relative degli adulti fra loro e nei confronti della bambina fanno un passo di lato e questo è sufficiente a mantenere interessato lo spettatore (e, spesso, a fargli scuotere la testa con compatimento).
Il ritmo (o la sua assenza) è, d’altra parte, un ulteriore elemento di interesse del film: perché il punto di vista è uniformemente quello della bambina e i tempi enormemente dilatati servono efficacemente a riprodurne il modo di vivere la situazione e i movimenti psicologici interiori, così diversi da quelli degli adulti – più volte si ha l’impressione che i tempi oggettivi degli eventi non corrispondano ai tempi del racconto, che sono invece accelerati o più spesso rallentati per dare conto del modo con cui la piccola li vive. È una scelta stilistica e narrativa molto interessante anche se la mano della coppia di registi, peraltro, è forse appena troppo pesante, e a me a un certo punto il film ha stancato: peraltro l’abbiamo visto in gruppo e io sono stato l’unico a soffrire, quindi forse è un problema mio.
Bravi tutti gli attori: se è chiaro che Julianne Moore (una stella del rock in declino) non fa notizia, a me sono piaciuti soprattutto i due giovani, Alexander Skarsgård e Joanna Vanderham.