Stupid white men
Fra due capitoli “politici” (A very American coup, dedicato alla designazione di Bush alla Casa Bianca, e Democratics, DOA, in cui in realtà si fanno le pulci anche a Nader) è racchiusa tutta la visione degli Stati Uniti di Moore. Sfilano temi che erano presenti in Bowling to Columbine, la segregazione razziale, l’ossessione per la sicurezza, l’immiserimento e la frustrazione delle classi povere, l’amministrazione condizionata della giustizia, lo stato derelitto dell’istruzione negli USA, e altri argomenti che ci si aspetterebbe comunque (l’ecologia, per esempio), insieme con altri davvero meno attesi.
Il tono è un misto fra il caustico, il rabbioso e l’ironico. Il raffronto immediato che viene in mente è con Beppe Grillo, ma Moore, pur essendo altrettanto divertente (o più) è senz’altro molto più politico, più capaci di analizzare e di inquadrare, mentre ripensandoci per confronto ho trovato Grillo troppo anedottico, o parziale.
Si ride molto, ci si incazza parecchio, si scoprono un sacco di cose e ci cura dall’antiamericanismo a senso unico.
Per molti aspetti, insomma, uno di quei libri “definitivi”, destinati a rimanere come raffronti. O meglio, per capirci: è un libro destinato a invecchiare, presto avrà statistiche, personaggi, forse questioni superati. Eppure ho l’impressione che in futuro mi capiterà di pensare che era già tutto lì dentro.
Da quando l’ho letto, e l’hanno letto i miei amici, ci chiediamo se qualcuno ha scritto qualcosa del genere anche in Italia (a parte il Gabibbo, naturalmente), e non trovandolo, ci chiediamo perché.
Pubblicato (come parziale off topic) su it.arti.cinema nel settembre 2003. Fra oggi e quella recensione c’è la crisi, e parecchia acqua passata sotto i ponti. Non sono sicuro che anche oggi chiamerei definitvo questo libro, però certo Moore aveva capito da subito molte cose dell’America di Bush.