Il nuovo che avanza
La prima volta ho avuto un piccolo senso di spaesamento.
Ero appena uscito da Messa e tornavo a casa.
Sulla discesa di Bonaria davanti a me tre signore fra i sessanta e i settanta, minutine, eleganti nei loro abiti della domenica allacciati dietro con l’orlo decorosamente oltre il ginocchio e i motivi floreali colorati stampati su decorosissimi sfondi scuri.
Una si gira verso le altre e gli fa: «Comunque lo spam è una seccatura».
«Eeeeh», fa l’altra, «ma tu non glieli hai messi i filtri antispam?».
«No, gliel’ho detto a mio nipote che servivano, e lui no, tanto cosa vuoi che sia. E adesso c’ho la casella piena».
La seconda e la terza, all’unisono: «Eh! Ma cosa ti lamenti, allora!? Si sa che l’antispam lo devi mettere!».
Giuro, mi sono guardato intorno. Cercavo la telecamera nascosta. Pensavo di essere su Scherzi a parte. Invece era vero.
In realtà non mi sarei dovuto stupire. Il Mitico Pino, per esempio, ha novantaquattro anni e sta su Facebook. Però il Mitico Pino è appunto, beh, mitico.
Un buon numero di parenti anche di una certa età usa la mail, in realtà. Però pensi che abbiano imparato per motivi di lavoro, e quindi non conta.
Che poi, diciamo la verità: io ho cinquant’anni, non sono mica un ragazzino smanettone, e uso il PC da vent’anni. Anche altri un po’ più grandi di me potrebbero benissimo aver seguito il mio percorso.
Invece abbiamo tutti, credo, un po’ l’idea – e anche un pochino l’esperienza – che il rapporto delle persone adulte col computer sia quello di una fantastica tavola di Zerocalcare di cui vi metto un estratto qui sotto ma che dovreste leggervi tutta intera
Invece ricevo continuamente segnali inaspettati di competenza.
Esco dal mercato, carico di buste, e mentre riempio il bagagliaio un’auto parcheggia a fianco a me. Ne scendono tre donne che sembrano rappresentare tre generazioni della stessa famiglia: una ragazzina adolescente, quella che è evidentemente la mamma e una terza signora più grande, forse una nonna giovanile, forse una zia o una sorella della mamma molto più grande. Quest’ultima è infogata nel racconto: «E Jessica, e non si arrabbia se chatto con Lorena?! Cioè io la notte mi metto lì come al solito e subito vedo la notifica che lei mi cerca, con chi stai chattando? Oh, ma saranno affari miei, ma vi rendete conto?».
E la suorina anziana che mi dice che ha sentito suo nipote che sta in continente, e io educato chiedo: «Ah, le ha telefonato?». E lei, serafica: «No, abbiamo parlato su scaipi (sic)».
Ora, può darsi che sia io che sono l’ultimo dei fessi ad essermene accorto e invece è una cosa di cui tutti si sono già resi conto da molto, ma la rivoluzione digitale ha ormai invaso ambienti e generazioni inaspettate. Magari si tratta di persone che non “usano il computer” (o, più facilmente, il supporto mobile), ma si servono solo di alcune funzioni specifiche la cui utilità appare più immediata: soprattutto chat, appunto, servizi di comunicazione in voce e immagini… probabilmente non entreranno nella sharing economy, ma non mi pare un elemento significativo. Forse saranno anziani che avranno imparato a “fare qualcosa”, senza sapere come funziona esattamente la tecnologia che gli permette di fare quel qualcosa e senza sapere esattamente cosa ci sia “sotto il cofano”: non mi pare un problema – in fondo neanche io so esattamente come funziona l’auto che guido (non parliamo della lampadina sul comodino).
L’elemento interessante invece mi pare l’ingresso di tutte queste persone nel mondo digitale. Prima o poi tutta questa modificazione demografica finirà per modificare per forza anche il web, immagino, anche se non immagino bene come.
Io per il momento mi sto abituando. L’altro giorno ho detto alla mamma di un’amica che pensavo di fare una cena in terrazzo. «Non fa», mi ha detto subito. «Sul meteo.it c’è scritto che si alza il maestrale, sul terrazzo non potete stare». E io, come un campione, sono rimasto impassibile: non ho guardato nemmeno se c’era la telecamera.
Quando sono arrivata all’università ho capito che un corso di informatica non deve necessariamente partire dalla spiegazione dei numeri binari, ma può limitarsi a insegnare ad usare un computer come un qualsiasi altro elettrodomestico. La casalinga di Voghera non ha mica bisogno di imparare i rudimenti dell’elettrotecnica per usare la lavatrice! Penso che i corsi di informatica che tengono i volontari del servizio civile nella mia biblioteca comunale si ispirino a questo principio. In sei ore insegnano: accensione e spegnimento del PC; uso del mouse e della tastiera; creazione di file e cartelle; Word; Internet; Posta elettronica (http://www.biblioselargius.it/allegati/Locandina-informatica2014.pdf).
Nasce così una nuova generazione di internauti. Una volta stavo leggendo l’Unione Sarda in biblioteca (ho bisogno di mantenermi informata sui necrologi), quando ho colto il dialogo tra due anziane che stavano usando una postazione internet della mediateca per iscriversi su Facebook. Ho capito che non erano proprio delle veterane perché una ha rimproverato l’altra perché spostava il mouse sollevandolo, dimostrando quindi ben poca dimestichezza con lo strumento; quando poi hanno chiesto aiuto al volontario del servizio civile per riuscire a mettere a tutto schermo una finestra ridimensionata ho avuto la conferma che erano delle novizie. Ad un certo punto della navigazione si sono imbattute in non so cosa, e una ha esclamato: “Questo wikipedia l’ho già sentito: è una stregoneria!”. E l’altra: “Ma no, è un’enciclopedia!”. E siccome so che le videocamere interne della biblioteca non sono per le candid camera, io ho riso senza ritegno nascondendomi dietro il giornale.
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