Inaspettate confutazioni della Bibbia nel Minnesota
Storm front (John Sandford, Penguin 2013)
Ci sono molti libri che leggo e di cui non parlo qui sul blog: sono quelli i cui autori sono ricorrenti, le riletture periodiche in sequenza di tutti i romanzi della Austen o, come in questo periodo, di Patrick O’Brian o Raymond Chandler o ancora le novità di quegli autori che seguo costantemente, come in questo caso John Sandford.
Non ne parlo perché temo di essere ripetitivo, o noioso, e anche più semplicemente perché spesso non ho niente di particolare da dire: sono letture o riletture piacevoli ma lungo sentieri già esplorati che solo raramente suggeriscono qualcosa di nuovo.
Questo Storm front, in realtà, va giù leggero come un bicchier d’acqua, ma mi ha messo molto in imbarazzo durante la lettura: un disagio che è rimasto nei giorni successivi, girando e rigirando nella testa alla ricerca di una spiegazione, e che alla fine si è fatto largo quasi a spallate fin qui sul blog.
Il giallo (in realtà un thriller, perché il colpevole si conosce già dall’inizio e per buona parte della storia mancano i delitti) parte da una premessa che in sé è già tutto un programma: in Israele, durante degli scavi archeologici, viene ritrovata una stele che, se la traduzione del testo è corretta, obbligherebbe a riscrivere la Bibbia, la storia, l’universo e tutto quanto, in quanto contiene rivelazioni sconvolgenti sul re Salomone: rivelazioni che implicherebbero che Gesù non può essere un discendente di Davide, che gli israeliani non sono ebrei ma… discendenti degli antichi egizi e altre bazzecole del genere.
La consistenza della teoria è tale da far pensare con rimpianto ai templari e a Rennes-le-Chateau (tra parentesi: ho trovato sul web i siti da cui Sandford, con qualche modifica, ha basato la sua idea, quindi ci sono altri che ci credono) ma in realtà non è questa la cosa importante, perché si tratta banalmente della molla per far mettere in moto la trama.
Infatti la stele viene trafugata da un archeologo, un vescovo luterano, che la porta a casa, nel Minnesota. Perché è malato terminale e vuole farci i soldi per la moglie malata.
E sulle sue tracce si mette una squadra di sicari di Hezbollah, che vogliono la pietra per negare la legittimità dell’odiato stato ebraico, una bellissima e pericolosissima agente dello Shin Bet, il servizio segreto israeliano, che vuole sopprimere la stele e chi s’è visto s’è visto, il servizio archeologico israeliano, che vuole mettere un simile reperto a servizio della cultura mondiale, gli agenti di un eccentrico collezionista turco, che sono più abituati a combattere i guerriglieri curdi che a trattare l’acquisto di tesori archeologici trafugati, una specie di versione americana di Roberto Giacobbo e un suo contraltare, che fa un po’ l’Indiana Jones de noantri.
Tutti. nel. Minnesota.
Con la stele che rappresenterà un caso mondiale e cambierà ciò che sappiamo della Bibbia, di Israele, della storia, l’universo e tutto quanto.
Nel Minnesota.
Spero che apprezziate il fatto che ho raccontato tutta questa storia senza mettermi a ridere.
No, dico: a un certo punto c’è un abboccamento al parco pubblico della quarta città del Minnesota, Mankato (popolazione trentamila abitanti). Il sicario turco, che è noto per una certa abilità col coltello, tira fuori una lama e il vescovo (il vescovo!!) cita un vecchio proverbio dei cowboy, Mai portare un coltello a un conflitto a fuoco, con un piglio che farebbe applaudire Clint Eastwood. E poi tira fuori la ’45.
No, capiamoci: è tutto così.
E quindi mentre lo leggi ti dici: ma io devo leggere questa roba?! E se continui non è per quel perverso senso dell’orrore per il quale talvolta ti immergi nelle peggiori schifezze. Quindi ci deve essere qualche altro motivo, ed è il fatto di non trovarlo che ti mette a disagio, mentre giri le pagine sempre più nervosamente.
Una parte delle risposte, in realtà, me le sono date subito. Il libro è comunque ben scritto, ed è contemporaneamente sufficientemente emozionante e abbastanza scorrevole da essere una classica lettura rilassante.
Però non è una spiegazione che mi soddisfi. Credo che vada più vicino al segno il fatto che si tratta di un romanzo che fa parte di una serie, con un protagonista (Storm front fa parte della serie dedicata a Virgil Flowers) e comprimari ricorrenti. Si tratta cioè di un prodotto seriale e questa categoria è resiliente: se un episodio è inferiore agli altri lo consideriamo con maggiore indulgenza che se fosse un prodotto a sé – non è che smettiamo di guardare un serial se un singolo episodio è deludente.
Ma anche dicendomi questo non ero del tutto soddisfatto. In realtà l’altro giorno mi è venuto in mente che quello che salva il libro non è un elemento che dipende dal gusto del lettore, ma una operazione che fa Sandford in quanto autore.
Il punto di vista che Sandford adotta, scientemente, è esclusivamente quello di Flowers il quale, fin dal principio, è incredulo come il lettore. Davenport, il protagonista della serie principale di gialli di Sandford che è anche il capo di Flowers, lo chiama e gli dice: devi accompagnare un’archeologa isrealiana ad arrestare un vescovo luterano che ha rubato una stele (e qui fa lo spelling, da ignorante qual è, lo spelling! applausi), e Flowers gli risponde: aspetta un attimo, è qualche cosa alla Dan Brown? Mi devo aspettare gesuiti armati di mitra?
Tutto il libro gioca, abbastanza abilmente, su questo livello di incredulità – e di ironia: roba sanguinosa ce n’è poca, oltretutto – che stabilisce una complicità fra lettore e autore per il tramite di Flowers e permette di far trangugiare una quantità di cretinate che, proposta appena appena più sul serio, stroncherebbe anche il critico più indulgente.
Invece così quando tu stai per dire: no dai, adesso è troppo arriva Flowers e dice (succede davvero): la vogliamo finire con queste cretinate prima che qualcuno si faccia male davvero? e il lettore è portato a dire: ecco, appunto!!
Non rivelerò il finale ma, diciamo, è coerente con questa impostazione: perché è difficile credere che possa saltar fuori così all’improvviso qualcosa che cambi ciò che sappiamo della Bibbia, di Israele, della storia, l’universo e tutto quanto.
Nel Minnesota, poi.
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