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Un evento di tanto tempo fa

Julia BonelliStavo scrivendo una recensione di un paio di letture recenti di fumetti quando improvvisamente mi sono reso conto che per parlare di Julia avrei dovuto raccontare cosa ne pensavo tanto tempo fa e perché ho smesso di leggerlo: tutte cose che mi avrebbero portato un po’ lontano.

Poi mi sono ricordato che nel 1998, quasi un secolo fa, sono stato alla presentazione di Julia, allora appena uscita, a Lucca Comics e che dell’evento avevo fatto anche una recensione. Potenza di Google: è saltata fuori e l’ho riletta con piacere, sbigottimento per la precisione assoluta di certe cose e la totale infondatezza di altre, compassione per me stesso e un po’ di malinconia per quel mondo magnifico che erano i newsgroups. E quindi la posto, rimandando le altre recensioni a domani. Se qualcuno vuole leggere tutto il thread lo trova facilmente in rete.

Berardi a Lucca

Pensavo che l’avrebbe fatto qualcun altro, trattandosi di un incontro pubblico con un autore molto amato subito dopo l’uscita di un suo nuovo personaggio che ha avuto subito successo… invece niente.

Allora provo io a dirvi com’è andato l’incontro con Berardi a Lucca, invitando i più competenti del newsgroup a correggere e integrare.

(okkio: il file è in crosspost fra it.arti.fumetti.bonelli  e il gruppo “padre”, piuttosto più frequentato, it.arti.fumetti. Ho settato però il follow-up solo su quest’ultimo, perché mi e’ parso il più adatto).

Vado per punti.

A. BERARDI È SIMPATICO (ANCHE SE NON SIMPATICISSIMO)

Ricordo che diverso tempo fa c’era stato un thread sul genere: chi è l’autore di fumetti con cui vorreste passare del tempo a parlare davanti a una birra? E io, che avevo amato moltissimo Ken Parker, come
un razzo avevo detto: «Berardi!», suscitando snort di compatimento: mi era stato spiegato che Berardi è scostante, antipatico e in generale poco appetibile di persona. Avendolo visto a Lucca (ovviamente non a tu per tu), devo dire che mi aspettavo ben di peggio: invece Berardi mi è sembrata semplicemente una persona normale, piuttosto timida, senz’altro tormentata, con una discreta
ambizione derivante dal fatto di pensare di essere un bravo autore (cosa che peraltro è) e d’altra parte conscia di alcuni difetti (quale quello, a quanto pare, di essere tirannico  coi collaboratori).

B. CHE PALLE ‘STI KENPARKERIANI…

… e lo dico io che sono un “Ken Parker fan” dal primo numero della prima serie. Ma quando si fa un incontro per presentare Julia (Juliaok!?) perché la prima domanda deve essere su KP? E la seconda? La terza? Tutte fatte da quarantenni barbuti, poi… domande IMHO poco interessanti, fatte per far vedere che si appartiene al club oppure motivate da sentimento di orfanità acuta, come quel tizio che a un certo punto sperava in un improbabile crossover KP/Julia, cioè in un personaggio somigliante a Robert Redford che zac! entrasse nella nuova serie e magari conquistasse pure il cuore di Julia (domanda posta con garbo, per carità, però…). Anche sulla qualità di questi fan avrei dei dubbi, considerato che alcuni paragoni fra KPJulia sarebbero stati più pertinenti a partire da Tom’s bar o Giuli Bao, fumetti che invece magari molti di loro non conoscevano (ok, i presenti alla conferenza mi flammino pure).

C. PERCHÉ KP HA CHIUSO?

Comunque, visto che le domande proseguivano, Berardi ha detto, anche con una certa, IMHO, durezza, perché KP ha chiuso. Non si trattava semplicemente del fatto che vendesse poco, perché Bonelli era
disposto ad andare avanti in modo che la serie avesse una conclusione logica. Secondo Berardi, questo richiedeva almeno 5-6 albi (io sospetterei di più, considerato che all’ultimo conto il figlio era da
qualche parte dell’America e Ken in galera), cioè tenere bloccati per almeno tre anni autore e disegnatori su un progetto “a termine”. A quanto pare, è stato proprio Berardi a non volerci stare, ma a volere dedicare le sue energie a qualcosa che non fosse destinato a finire.

Ognuno la penserà in proposito come gli pare (io non l’ho apprezzato moltissimo) ma d’altra parte forse Berardi ha un’età per cui sente la necessita’ di nuove sfide, e chi siamo noi per negargli questa
ambizione? BTW, l’impressione che ho avuto è che la decisione di smettere fosse più di Berardi che di Milazzo, il quale magari non era troppo contento… ma magari sto scoprendo l’acqua calda.

D. JULIA È UN FUMETTO REALISTICO

Questa è la cosa su cui Berardi ha insistito ossessivamente, e vedo che lo ripete anche su Julia numero 2: Julia vuole essere un fumetto realistico sotto ogni punto di vista. Questo vuol dire che dietro Julia c’è un lavoro di redattori che mi è sembrato veramente grosso, a sentire Berardi: documentazione sulla criminologia (Berardi ha frequentato sei mesi l’Istituto di Criminologia di Genova), libri su libri, ricerche in Internet sugli archivi FBI eccetera (inciso: ovviamente il lavoro dell’équipe che affianca Berardi non si limita alla documentazione. L’impressione che ho avuto è quella di Berardi al centro di una ragnatela che lancia input/vibrazioni verso la periferia…). La scelta del realismo spiega anche certe scelte: la
città/contea delle avventure è immaginaria, in modo da poter essere plasmata completamente dagli autori, mentre se la serie fosse ambientata a, poniamo, New York, il rischio dell’incongruenza sarebbe
stato molto più forte. La propensione al realismo spiega anche, IMHO, il fatto che Berardi sia stato molto parco di riferimenti letterari o cinematografici: l’impressione è che preferisca ispirarsi più
all’FBI che al Silenzio degli innocenti (anche se poi di libri e film se ne deve essere sciroppato migliaia). BTW, i due unici fumetti citati come riferimento (per modo di dire) sono stati Rip KirbyModesty Blaise.

E. JULIA È UN FUMETTO REALISTICO E SENTIMENTALE

A quanto pare, la caratteristica “femminile” della serie sarà nel fatto che non sarà tanto un fumetto d’azione centrato sulle “opere” dei criminali, quanto un fumetto psicologico centrato sulle “motivazioni”… il riferimento a me è parso Pepe Carvalho (il detective di Vazquez Montalban) ma Berardi non l’ha citato esplicitamente. A quanto pare, per Berardi l’universo femminile si sostanzia nella sensibilità (cosa che mi lascia un po’ perplesso) e la serie avrà certamente mooolto spazio per i sentimenti. Vedremo.

BTW, i serial killer non saranno caratteristica ricorsiva della serie: Berardi ha detto che sui primi 22 soggetti preparati, oltre a Myrna c’è solo un altro serial killer.

F. TRUCCHI DEL MESTIERE

Non mi dilungo su cose tipo: «Perché i volti degli attori?», «Perché Audrey Hepburn?» eccetera perché vedo che Berardi ha iniziato a rispondere in seconda di copertina sul mensile. La mia impressione a partire da Lucca è che Berardi abbia deciso di non spendere troppe energie su queste cose (come camuffare Julia perché ricordi Audrey ma non le assomigli troppo eccetera) perché gli interessa di più altro (vedi sotto).

G. CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

Sono andato via prima della fine, e qualcosa potrei essermi perso ma non credo: le domande si stavano facendo ricorsive. Le cose che dico adesso sono quelle per cui “non ho le prove”, cioè le impressioni che ho ricevuto aldilà delle parole di Berardi, e un dubbio che mi è rimasto.

1. Berardi è convinto (ci metto la mano sul fuoco) di avere messo in cantiere un fumetto che lascerà il segno. Si vede, è chiarissimo. Dire che segno vuole lasciare, a parte la citata ossessione per il
realismo e per i “crimini dei sentimenti”, è già più difficile, posto che Julia è, per il momento, un buon fumetto ben scritto e ben disegnato ma non ancora un personaggio con una sua profondità.

2. Secondo me, anche se Berardi dice che il fumetto dovrà rimanere nel genere noir lo sviluppo naturale è quello della soap opera e il riferimento fumettistico i supereroi americani. BUM! L’ho detto. Non
ho le prove ma è cosi’. Sono pronto a essere flammato.

2. Gli autori di fumetti non leggono fumetti. O leggono solo certi fumetti. Lo penso da un po’, ma per Berardi sono sicuro. Berardi ha smesso di leggere fumetti quando ha iniziato a farli lui.

3. Lo dico per gli altri IAFer presenti: io ero quello che ha fatto la domanda su eventuali fumetti di riferimento, oltre a libri, film e realtà (e su Julia “dilettante”). In realtà la domanda iniziale era
più cattiva, ma non ho avuto il coraggio: la domanda iniziale riguardava il confronto con le altre serie “recenti” Bonelli. Perché Julia rompe gli schemi dell’eroe più spalla (Martin Mystere, Dylan Dog, Magico Vento, Brendon, Napoleone in parte, eccetera) e si propone come fumetto corale, confrontandosi direttamente con l’unico altro fumetto “corale”, cioè Nathan Never, curato non a caso da persone che si sono proposte da subito come “autori” e non come “onesti artigiani” (passatemi i termini) e che
hanno fatto un fumetto che si proponeva come “innovativo” sia nel disegno che nelle trame. Eppure, NN ha fallito (IMHO, NN è al massimo un buon fumetto ma non vale né Ken Parker né Tex) mentre Julia potrebbe riuscire (“potrebbe”, ovviamente siamo al secondo numero): ad avere una continuity, a rivoluzionare un genere, a essere corale. La cosa che avrei voluto chiedere a Berardi era: perché Julia sì e NN no? Dov’è la differenza?

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