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I consigli del venerdì: no profit, donne che giocano e discoteche cadenti

Di varia economia

Wikieconomia Becchetti.jpgQuesta settimana ho consigliato un articolo su Vita che recensisce Wikieconomia. Manifesto dell’economia civile, un libro di Leonardo Becchetti, che è stato a lungo anche Presidente del Comitato Etico di Banca Etica. È chiaro che si tratta di un libro che non posso non consigliare, ma la recensione mi sembra interessante a prescindere. E poi cita La Pira, il che va sempre bene.

In realtà sull’impostazione di un libro come quello di Becchetti ho le mie perplessità, che non sono tanto sul contenuto, sull’analisi o sulla mozione ideale, sui quali non si può che concordare, quanto sulla sensazione che oltre tutto questo ci sia pure tutto un altro mondo altrettanto – forse di più – importante.

È un po’ quello che ho provato a dire ieri parlando del Convegno pastorale e non devo essere il solo a pensarla così se sempre su Vita leggo che l’annuale workshop  sull’impresa sociale si rivolge ai service designer (qualunque cosa essi siano) per un aiuto a ripensare i servizi al welfare offerti dal Terzo Settore. L’articolo è molto breve ma vale come segnalazione e come punto di partenza per navigazioni più approfondite.

Infine ho condiviso uno stato su Facebook che ho trovato stimolante e che è stato parecchio ricondiviso. Inizia con Prima di tutto bloccarono lo stipendio agli statali, e tanto basta per invitare a leggerlo.

Dal mondo del gioco

Il Guardian dà conto di uno studio sulle abitudine di gioco della popolazione inglese (si parla di videogame). Non ho avuto il tempo di cercare lo studio originale, ma la sintesi è che, soprattutto sotto una certa età, tutti giocano (e questo ce lo potevamo aspettare) e che le donne giocano comunque più dei maschi (e questo crea un po’ più di sorpresa). Se trovo lo studio magari riprenderò il discorso.

Hanno ballato una sola estate

La Nave.Su Slate uno straordinario servizio fotografico sulle grandi discoteche italiane che accoglievano folle negli anni ’80 e ’90 e che adesso, fuori moda, non sono altro che capannoni abbandonati: ma glamour. Se c’è qualcosa che più di loro merita il nome di spazi urbani di mezzo o di non luoghi non saprei immaginare cosa possa essere.

E infine menzione di demerito…

… per Il Post, che leggo sempre ma che questa volta ha abbastanza toppato: un paio di giorni fa ha pubblicato un articolo sui messaggi nascosti nella grafica dei loghi di alcune famose aziende. È un  articolo spiritoso, peraltro su un argomento che è stato trattato in maniera grosso modo corrispondente da Logopro nel 2009, da Andrea Pernici nel 2010, di nuovo da Logopro nel 2012, nello stesso anno anche da I love green, su All that web nel 2013 e recentemente da Intraprendere a luglio 2014, come rivela una rapida ricerchina su Google (124 000 risultati). In inglese i risultati salgono a più di 130 000), le aziende citate sono più o meno sempre le stesse e infatti per la maggior parte i loghi discussi non sono di aziende italiane: sarei pronto a scommettere che è possibile tracciare gli “scoppi” di pubblicazioni italiane a partire dall’innesco fornito da qualche sito americano.

Del resto basta stare abitualmente sui social per ricordarsi di aver visto passare mille volte materiale di questo genere: che Il Post lo usi per farci un articolo – nella sezione “economia”, oltretutto – è un po’ deludente, come se si fosse scelta pigramente la strada più facile. Oppure si ammette di posizionarsi in fondo alla catena alimentare dell’informazione, nutrendo il proprio pubblico di materiale già prodotto, masticato e predigerito da altri, e anche questo sarebbe piuttosto eludente, anche se in senso diverso, viste le ambizioni del Post e il profilo di Sofri. O forse la disperata lotta per fare accessi e accaparrarsi pubblico obbliga a fare anche questo e dare al pubblico più cose, qualunque cosa, e magari dovremo aspettarci allora sul Post anche il gossip sul lato B delle modelle e questa sarebbe la cosa più deludente di tutte. E preoccupante.

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