Due libri su Orani
Invidio molto mia mamma alla quale è stato appena regalato Costantino Nivola. Ritorno a Itaca di Carlo Bavagnoli.
Si tratta di un bellissimo libro fotografico che si giova oltretutto del fatto che documenta un momento davvero particolare della vita della Sardegna e in particolare di Orani.
Le foto di Bavagnoli, in un magnifico bianco e nero morbido e carezzevole, sono davvero molto belle: del resto parliamo di un importante corrispondente di quella straordinaria assemblea di grandi fotografi che è stata la rivista Life. Ma si giovano anche moltissimo oltre che della maestria del fotografo dell’allegra follia di Constantino Nivola, giunto al paese natale da New York per decorare in modo moderno, anzi modernissimo, la facciata della vecchia chiesa di Sa Itria.
Bavagnoli, che accompagnava Nivola, documenta con garbo il contrasto, stridente, fra la cultura materiale di un paese dell’interno della Sardegna nel 1958 e le più recenti tendenze artistiche incarnate nell’opera di Nivola, uno scultore inserito nel dibattito artistico internazionale e che in America lavorava per importantissimi committenti pubblici e privati. Ma se il contrasto è stridente non è però affatto aspro: anzi, si ricompone alla fine in maniera armoniosa in quella che prima ho chiamato un’allegra follia; sembra di cogliere nei giorni della trasferta di Nivola la presenza di un clima di festa che abbia riempito di sé tutto il paese, come una grande festa collettiva.Ne sono testimonianza soprattutto le foto in cui sono presenti i bambini – bellissime, ma non solo.
Non conosco abbastanza la storia di Nivola per sapere se col lavoro che svolse a Orani si proponeva anche di compiere un atto politico o educativo nel suo paese di origine. Certamente era ansioso di coinvolgere il paese e di condividere la sua arte e le sue motivazioni, come prova, per esempio, la cura posta nella redazione di un piccolo pieghevole di invito utilizzato per invitare tutto il paese. Dalle foto, però, non emerge nessuna pesantezza didattica: solo una grande leggerezza festiva, che in fondo mi fa pensare che la scritta che ho visto da poco nella vetrina di un bar, in paese, sia più esatta e meno delirante di quanto mi fosse apparsa a prima vista:Caos e baldoria
portarono Nivola
a una grande gloria.
Ecco, le foto di Bavagnoli raccontano dei giorni di caos e baldoria. Ma c’era metodo in quel caos, e un intento artistico molto preciso. E, devo dire, a me Sa itria piace moltissimo.
Le foto del libro, di cui ho inserito in questo articolo una piccola selezione, sono per chi è in Sardegna molto note: tra l’altro le gigantografie di molte di loro sono esposte in una bella mostra fotografica permanente per le vie di Orani, collocate nei luoghi originari del paese nei quali furono scattate.
Ma il libro offre, oltre a una selezione molto più ampia, tutto un apparato di contorno veramente importante e di lettura molto piacevole, come i quattro contributi di Marisa Volpi, Maria Luisa Frongia e Rita Ladogana (che raddoppia all’inizio e alla fine) e tutto l’apparato delle note, mediante le quali ho per esempio scoperto l’identità di una serie di persone ritratte nelle foto e di cui ero sempre stato curioso. Il volume è edito da Ilisso, non costa in fondo tanto e mi sembra davvero notevole.
Altrimenti potete sempre venire in visita a Orani, vedere dal vivo la chiesa e la mostra e, se siete fortunati, conoscere direttamente qualcuno dei bambini raffigurati nelle foto, ora un pochino più stagionati, e farvi raccontare in diretta che cosa accadde, quando tziu Titinu venne a decorare Sa Itria, molti anni fa.
E parlando di bambini, arriviamo al secondo libro che vorrei segnalarvi: si tratta di Orani. Il paese di mio padre di Claire A. Nivola, figlia di Costantino e apprezzata illustratrice per ragazzi. Il libro è stato pubblicato originariamente negli Stati Uniti (sul sito di MacMillan ci sono anche una serie di illustrazioni) ma è stato tradotto in italiano da Elisabetta Sedda (nessuna parentela, devo essere l’unico Sedda della Sardegna che non è originario del Nuorese) e pubblicato da Rizzoli.
È un libro di una grandissima freschezza, nella quale la scrittrice rievoca con pochi tratti le sensazioni delle estati trascorse in visita ai parenti nel paese lontano: le sensazioni meravigliose che può ricordare solo chi ha trascorso estati libero di scorrazzare lontano dai genitori, che sia al mare o in paese poco importa, quando ogni nuova esplorazione rivela mondi nuovi e sconosciuti, tanto più per una ragazzina come Claire inserita in una ambiente così diverso dal suo originario. Sfilano così i cavalli, la cottura del pane, la frutta, il calore dell’estate, ma anche la presenza della morte – la prima volta che ho visto delle prefiche rese divertenti e l’estrema povertà di tanti abitanti. Un libro molto poetico senza patetismi, ma credo che la descrizione migliore la dia la stessa Claire Nivola in una bella intervista (in inglese)
Se non avessi scritto per i ragazzi e se la mia pittura non tendesse verso la beatificazione della realtà, avrei fatto un libro ancor ameno sentimentale di questo; l’avrei fatto «appassionato senza sentimentalismi», le parole con cui mio padre usava descrivere sua madre, la nonna che io a malapena conoscevo.
P.S. Naturalmente, come ricorda anche l’intervista, ci sarebbe un terzo libro che rappresenta il perfetto complemento di questi due: è Memorie di Orani di Costantino Nivola stesso, edito da Schweiller (e anche da Ilisso), un librettino agile, molto piccolo e molto appassionato nei confronti del paese, senza infingimenti: dopotutto è un libro che si chiude con il racconto di una sconfitta nell’«apprendistato per imparare a padroneggiare la povertà con dignità e con tatto», come dice Nivola, e quindi niente arcadie e niente idee bucoliche, nel ricordo del vecchio paese. Ma un grande afflato poetico lo stesso – oltre che una bella testimonianza – che consiglia la lettura anche di questo libriccino.
Era un atto politico, a mio modestissimo parere, come lo fu, più tardi, il legarsi alla montagna a Ulassai. Due momenti d’arte non didattica ma di popolo, mai più ripetutisi; e che non mi pare abbiano fatto scuola, e sì che in Sardegna ci sarebbe uno smodato bisogno di fare comunità, anche a partire dall’arte. Forse servirebbe quella leggerezza che Nivola e Lai possedevano, quella serena e gioiosa sicurezza di sé che molto spesso li ha portati ad anteporre l’esperienza all’auto affermazione, e che oggi probabilmente manca. Manca il desiderio di fare *esperienza del creare* attraverso nuovi percorsi espressivi, insieme ad altri, che fossero i giovani artisti o la comunità intera. Bellissima recensione, Roberto. Ogni volta che voglio far innamorare qualcun* di questa isola, regalo il terzo di quei libri, che trovo di una bellezza struggente. E poi ci sarebbe “Ho bussato alle porte…”
Grazie, Rosa.