Giochi, sillogismi e teologia sul treno per Rimini
Venerdì, mentre andavo a Rimini, mi sono ritrovato separato da Gaetano su un treno affollato. Nel mio scompartimento c’erano una ragazza con l’aria da emo e una spilla enorme con scritto emo sucks e tre ragazzi squadernati sui sedili come può esserlo solo chi è giovane, magro e in pace con se stesso e col mondo.
Ragazzi giovani, a occhio universitari. Scoprirò poi che erano all’ultimo anno delle superiori.
Il primo, che chiameremo lo Scienziato, leggeva La teoria del tutto di Stephen Hawking. Il secondo, che chiameremo lo Studioso, studiava chimica. Il terzo, che chiameremo il Cattolico per motivi che spiegherò poi, aveva il cellulare in mano e ci faceva chissà cosa.
Veramente il cellulare ce l’avevano tutti e tre. La prima cose che ho notato di loro, infatti, è che lo Studioso ripeteva ossessivamente: «Dimmi che devo fa’. Eddai, dimmi che devo fa!» agitando il suo, di cellulare.
E c’era tutto un mostrarsi schermate a vicenda, un dire: «Daqqua», un passaggio di cellulari da una mano all’altra, un settare impostazioni, un «Prenditi anche questo» o «Toh, ti ho preso anche questo». E, come in un balletto sapientemente coreografato, tutto questo continuando a studiare chimica, a leggere Stephen Hawking, a tenere il proprio cellulare in mano per farci quello e quell’altro.
Soprattutto c’era tutto un suggerire di aggiungere contatti dai nomi improbabili e poco rassicuranti (ho colto, a un certo punto: «Questa: DivaQualcosa. È molto figa. Ti dà potenza a casino».
Il che lasciava solo due possibilità: o si stavano iscrivendo a YouPorn o stavano giocando online.
Una dotta spiegazione sul fatto che non si dichiara guerra dopo le dieci di sera – tranne che nei gruppi dove c’è la gente che lavora, che combatte di notte – mi ha chiarito i dubbi: era un gioco.
Ora, io non frequento particolarmente i giochi online, però sono molto curioso ed era una bella occasione per approfondire le conoscenze in maniera diretta.
E poi sono molto curioso.
Per la verità mi incuriosiva anche la ragazza. Stavo per farle una battuta sugli emo, cultura giovanile della quale so pochissimo, ma lei si è messa le cuffiette e buonanotte.
Quindi mi sono predisposto a fare la mossa Jedi detta del-giocatore-della-tigre-e-del-Maestro-Yoda.
Una parentesi dal flusso principale del racconto
Funziona così: individui un malcapitato giocatore. Egli non sospetta che anche tu, al suo fianco, sotto l’aspetto da signore di Cagliari cinquantenne, celi un’esistenza da giocatore. A un certo punto, a freddo, gli dici una cosa che rivela il tuo dominio dell’uso della Forz… ehm, che sei un giocatore anche tu.
Come una volta in un bar per camionisti fuori dell’Aquila, a prendere un caffè. A fianco a me un ragazzo con un’ascia infilata nella cintura – di plastica, l’ascia – e uno spadone a due mani enorme a tracolla – di plastica anche lo spadone. E uno zaino.
E mentre quello si versa distratto una bustina di zucchero nel caffè tu gli fai a tradimento: «Ma vai alla Drachenfest?». Fulmineo come una tigre.
«Eh, uh, ah, no, veramente no».
«Ah, allora sei un cosplayer?».
A questo punto tu, uno sconosciuto adulto che sa, ai suoi occhi hai già acquisito una dimensione eroica. Non bisogna strafare, non devi dire come fra te e te con voce chioccia: «Alla Drachenfest non va. Un cosplayer di certo allora egli è. Ma impaziente, troppo impaziente».
Un pacato «Ah, allora sei un cosplayer?» è sufficiente.
E quello ti dice: «Ah, no, faccio ruolo vivo, si. Ma sto andando all’Adunanza».
«Ah, certo». Sorridi. «Fuori Lucca, giusto».
«No, più vicino a Pisa».
Sorridi di nuovo, noncurante: «Certo, certo». Tutto in te trasmette l’idea che non puoi ricordarti dove si tengono tutte le piccole manifestazioni di un luogo periferico come l’Italia.
«Beh, buon divertimento allora. Buon viaggio». E te ne vai, lasciandolo nel dubbio: chi avrà incontrato? Sotto l’aspetto dimesso, certo sei uno dei Grandi Vecchi del gioco italiano (qualche volta, in altre situazioni, puoi lasciar cadere cose come: campione nazionale per diversi anni di Call of Cthulhu oppure scrivevo le avventure di Cyberpunk), forse, oddio! il solo pensarlo!, forse il Maestro Yoda in persona. Sulla porta, mostrandoti un po’ ingobbito, voltati a salutare un’ultima volta, con aria misteriosa.
In un bar per camionisti dell’Aquila si avverte un tremito nella Forza.
Ma riprendiamo la nostra storia
Allora, scherzi a parte, ero curioso e aspettavo l’occasione per abbacinar… ehm, attaccare bottone coi ragazzini. Solo che prima che potessi fare qualunque cosa quello che leggeva Hawking, lo Scienziato, dice a quello del cellulare, il Cattolico: «Ascolta, senti qua. Tolomeo crea un sistema con gli elementi conosciuti: la Terra, le stelle, il Sole e i cinque pianeti conosciuti: Mercurio, Venere, Marte, Giove e Saturno. Otto elementi».
Otto elementi. In un lampo penso a Terry Pratchett e a strane cosmogonie in base otto. Ma quello prosegue: «E siccome c’era spazio, per riempirlo ci hanno messo il Paradiso e l’Inferno».
E l’altro: «Eeehhhhh?».
«Aspetta, te lo ripeto: “Tolomeo crea un sistema con gli elementi conosciuti: la Terra, le stelle, il Sole e i cinque pianeti conosciuti: Mercurio, Venere, Marte, Giove e Saturno. E siccome c’era spazio, per riempirlo ci hanno messo il Paradiso e l’Inferno”. Capisci: il tuo Paradiso e il tuo Inferno da qui vengono!».
«Ma che c’entra?! Te al Paradiso e all’Inferno ci devi credere perché so’ questioni di fede».
E sento una voce che proviene da vicino a me, anzi guarda un po’, sono proprio io, che dice: «Più che altro mi sembra una cazzata».
Mi guardano. Mi guardo attorno perplesso: il Maestro Yoda, quel vigliacco, non si sa dov’è finito.
«Scusate, non volevo intromettermi, però non è un’argomentazione particolarmente convincente, no?».
Benedetti ragazzi educati di oggi. Che sono tutto un «Ma no, si figuri», «Ma quale intromissione!», «Certo, lei saprà tante cose…».
E quindi provo a rimettere mano alla lenta evoluzione dell’idea semitica di vita eterna, alla visione dei primi cristiani, alle sistematizzazioni medievali… Lo Scienziato mi legge un altro paio di passi di Hawking, che trovo incredibilmente rozzi. Perplesso mi chiedo com’è che uno che si fa alfiere nel suo campo del rigore della scienza si senta autorizzato a impicciarsi di cose di cui perfino io ne so di più, dalla storia delle religioni alla storia medievale, per dire le prime.
In realtà ho altri problemi più pressanti.
Perché allo Scienziato fa sinceramente piacere, parlare con me. Lo Studioso si divide fra la nitrazione del benzene e i nostri discorsi (finché lo Scienziato gli dice: «Eddai, posa ‘sto libro, che anche un bambino le sa ‘ste cose – gli recita a memoria un paio di formule – dai, non fare l’asociale, parla con noi» e allora posa definitivamente il libro – per cinque minuti). Ma il mio problema è il Cattolico.
Chissà perché mi sono fatto l’idea che sia neocatecumenale.
E insomma, io ho assunto la posizione del cattolico dialogante. Perché anche a me fa piacere sinceramente parlare con degli adolescenti – a parte le mie nipoti non mi capita più tanto spesso – e perché non avrebbe senso, mettersi a fare catechesi. Ascolti, rispondi per quel che puoi. Lasci l’idea che se lo cerchi un cattolico che ti ascolta lo trovi, e ugualmente un adulto che ti parla da pari a pari. Orpo, sono in treno nel mezzo della pianura padana, che altro devo fare?
Il Cattolico no. Ringalluzzito dal mio appoggio, riparte al contrattacco. Mi supera costantemente a destra, all’impazzata. Dice sempre cose che non lasciano all’altro di continuare a ragionare, che “chiudono” la discussione.
Frasi apodittiche. Soggetto, verbo e complemento oggetto. E punto.
Dice cose come: «Il Papa e i Vescovi hanno il compito di guidare la Chiesa».
«La Chiesa è fatta da uomini e può sbagliare».
Che vorrà dire, figlio mio, che vorrà dire, in concreto?
E mi chiedo: magari non è neppure di un movimento specifico. Magari è un ragazzo normale di parrocchia. Magari sono io che sono fuori della pastorale da troppo tempo e i ragazzi nelle parrocchie adesso sono tutti così.
Un pensiero agghiacciante.
Però anche lui un po’ è preso.
Naturalmente la discussione è passata dalle cosmogonie alla morale. Lo Scienziato mi chiede perché sono stati spesi tanti soldi per la Papamobile del Papa nelle Filippine (miei attimi di panico: sono stati spesi tanti soldi per la macchina del Papa nelle Filippine?! Maestro Yoda, dove sei?). «Si potevano usare per darli ai poveri», dice.
Al Cattolico, per fortuna, sfugge l’occasione di citare Giuda Iscariota e la sua frase quasi uguale. Io mi rifugio nell’analisi costi-benefici: quanto vuoi che abbiano speso? E magari c’era un problema di sicurezza da garantire, no? Quanta folla c’era? Ma sarà stato fatto con adeguata sobrietà? Senza spreco?
Non hanno mai sentito parlare di costi-benefici. Vedo lo Scienziato che assapora la cosa sulla lingua. Magari non ne farò un cattolico, ma invece un economista.
Sudo freddo.
Nel frattempo la ragazza emo scende. Sale un signore silenzioso.
Mi leggono un altro passo del libro, per chiedermi un parere (un parere a me? Com’è che improvvisamente dal discorso da pari a pari sono diventato un esperto? Mica me lo ricordavo che gli adolescenti erano così stressanti. E fighi, ovviamente).
Mi rendo conto che gli sto dando del tu e loro mi danno del lei. Mi scuso. Nelle intenzioni è per passare al tu reciproco.
Un coro di proteste. È ovvio che io gli dia del tu. Sono così più grande, ovviamente. Sono un signore.
Vabbe’. Mi leggono un brano e io dico che secondo me c’è un sillogismo che non funziona.
Sillo…
Sillogismo. Aristotele.
Sguardi sbarrati.
Sospiro. Evoco l’anima buona della mia vecchia docente di filosofia.
«Aristotele è stato un filosofo greco molto importante. E dunque, al tempo di Aristotele c’erano questi altri filosofi, i sofisti…».
Annuiscono. I sofisti li hanno sentiti nominare.
Giuro. Aristotele no e i sofisti si.
Racconto di Socrate che mangia la mela e la gazza che mangia la mela e Socrate non è una gazza e di tutte quelle cose lì. Ridono.
Andiamo avanti fra filosofia della scienza, teologia, morale. Ci butto in mezzo una storia sul fundraising, la beneficenza e la destinazione universale dei beni. Il tutto con una mano sola: con l’altra tengo a bada il Cattolico. A Cesena ho un sobbalzo: «Ma io chiacchiero, chiacchiero, non è che mi perdo la fermata?!».
Il signore silenzioso mi tranquillizza: «Non si preoccupi, è solo Cesena. Vada avanti, vada avanti».
Poi scende, al suo posto arriva una signora.
E continuiamo a parlare. Arrivo al kerygma. Lo Scienziato mi dice che lui potrebbe anche credere in Dio, ma la Chiesa…
Poi vogliono sapere quel che penso del Papa.
Che è una strana catena di validazione, Roberto Sedda che certifica Bergoglio, ma non glielo dico. Anche perché devo continuare a tenere a bada il Cattolico, e sono impegnato. «E però», mi fa lo Scienziato, «se c’era questo Vescovo tedesco che ha speso non so qualcosa come trenta milioni di euro e il Papa allora, non so come si dice, insomma l’ha mandato via, allora com’è che poi appena si è conclusa la cosa adesso l’altro giorno l’ha ricevuto in Vaticano?».
Che io devo essere chiamato a discutere di vescovi tedeschi sul treno per Rimini? Che ne so io di Vescovi tedeschi?
E già che ci siamo…
Gli chiedo: «Ma tu, tutte queste notizia, la Papamobile, il Vescovo tedesco, ma scusa, chi te le dice? Cioè, come ti documenti?».
All’UAAR, ovviamente. Scemo io a non pensarci.
Vabbe’. Richiamo alla mente vaghi discorsi sul riordino delle finanze nella Chiesa tedesca. Parliamo in generale, in fondo i temi sono gli stessi già discussi. Ma lui vuole sapere nello specifico: perché quel Vescovo non lo scacciano definitivamente? Perché se lo tengono in casa?
Eliminazione dalla comunità.
«Ma tu sei per la pena di morte? Sempre? Anche nella vita sociale?» mi verrebbe. Sarebbe una scorciatoia, un pochino.
La prendo un po’ più larga. Dopo un po’ arriviamo alla Costituzione italiana. La pena come mezzo per il recupero del reo.
«Anche per crimini odiosi come la pedofilia si ammette la volontà di recupero, no? Non si condanna mica a morte…».
La signora, che sino a quel momento aveva taciuto, sbotta: «Purtroppo! E invece bisognerebbe!! E cambiamola questa Costituzione. La morte ci vorrebbe. La morte!».
Siamo rimasti in silenzio sino a Rimini. Per fortuna ormai mancava poco.
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