DUN, dun, dun … il governo ribusserà alle nostre porte
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DUN, dun, dun … il governo ribusserà alle nostre porte
di Salvatore Cubeddu
La notizia è che il ministro Gian Luca Galletti seguirà per il DUN (il deposito unico per il nucleare) la procedura amministrativa. Certo, «terremo conto» della contrarietà della Sardegna, ma la questione rimane aperta. Criteri scientifici, non emotivi, indicheranno le scelte migliori. Se si troveranno dei volontari, bene, altrimenti una commissione interministeriale deciderà dove mandare le scorie. Tutto qui, ma è già tanto. Del resto è così anche per le servitù militari: credete che sia possibile fare la base di Teulada, “scientificamente”, altrettanto bene in Umbria? O in Piemonte? O in Puglia? E dove le trovate quelle terre libere, aggredibili dal mare, bombardabili dal cielo, occupabili da terra?
Ad ogni territorio il suo compito. L’Expo a Milano, le Olimpiadi a Roma, le immondezze in Sardegna, questa si chiama solidarietà “nazionale”. Le resistenze verranno aggirate estenuando l’attesa, illudendo i gonzi morti di fame, stancando isolando o colpendo gli irriducibili. E, fino a prova contraria, la Sardegna fa parte dell’Italia. Murrunzande – mugugnando, protestando, a mala voglia, ma «sono cavoli vostri»!!! – ne riparleremo l’anno prossimo, se ancora vi resterà voglia e forza per battervi… Però, attenzione! Non tirate fuori il referendum, la sovranità sarda, il confronto istituzionale. Il problema è solo amministrativo. Chi decide – e deciderà con sempre maggiore determinazione (immaginiamoci poi con i quattro gatti che siete voi Sardi …) – è lo Stato. Consulteremo, ma decideremo. Guardate la Tav e imparate!
Invece, la notizia giornalistica – per chi scrive – è che la CGIL, intervenuta con Tonino Piludu, guida la linea della disponibilità del cardo a Porto Torres e a Cagliari (a partire da Villasor) e della canna nel Sulcis: altrimenti siamo antiquati, «bucolici» gli fa eco la Confindustria. Il sindacalista vuole destinare a quelle nobili materie prime anche «terreni infrastrutturati», le terre irrigate che finora la Coldiretti ed i piani dell’ENI avevano avuto il pudore di escludere, limitandosi a infestare i terreni marginali. Ma, insiste il nostro, se ora sono incolti, cioè «destinati alla pastorizia» (!), non li si potrebbe invece destinare all’industria? L’innovazione e la ricerca richiederanno pure qualche sacrificio! Con Maurizio De Pascale della Confindustria, il sindacato rappresenta quindi non i difensori della giusta permanenza dell’industria in Sardegna, ma quasi il residuo socioculturale di un modello che ha devastato il territorio dell’Isola.
L’importante convegno degli ex-parlamentari ha comunque raggiunto il suo scopo: far emergere un dibattito vero, riconfermando l’arrivo sulla scena della cultura politica sarda di personaggi e associazioni portatori di un nuovo modo di saper essere e fare. Una felice coincidenza ha messo in fila i primi tre e più interessanti interventi tenuti dalle “signore” della mattinata: Maria Francesca Chiappe, Maria Antonietta Mongiu, Valentina Meloni. Mutato il genere letterario, esse hanno presentato degli spaccati di luce su ciò che potrebbe essere la Sardegna del futuro difeso anche dai manifestanti che da settimane ci rappresentano con le manifestazioni di piazza. Le loro indicazioni andranno avanti e si allargheranno finché il Consiglio regionale non si sentirà impegnato, come affermava Soddu, a trovare le risposte istituzionali che facciano da cornice, difesa e prospettiva a quanto il nostro popolo richiede e di cui abbisogna.